Un’insegnante racconta il nuovo modello di scuola durante l’emergenza Covid – didattica e tecnologia, iniziative, criticità, consigli per i genitori

Un’insegnante racconta il nuovo modello di scuola durante l’emergenza Covid – didattica e tecnologia, iniziative, criticità, consigli per i genitori

Tra le fasce deboli che più stanno risentendo dell’emergenza sanitaria Coronavirus, credo ci sia quella rappresentata dai bambini. A loro, in questa necessaria quarantena, è stato tolto un punto di riferimento fondamentale della vita: la scuola. Le famiglie hanno dovuto riorganizzarsi dall’oggi al domani, le routine sono state stravolte e il nuovo fulcro è diventato la propria casa.

Per approfondire questi aspetti ho intervistato Elisabetta Nicoli, insegnante alla scuola primaria Martiri di Belfiore di Mantova. Mi ha raccontato in modo dettagliato il dietro le quinte della chiusura delle scuole: le prime attività a distanza per gli alunni, le iniziali perplessità dei genitori e l’evolversi della situazione, le iniziative “Classe virtuale” e “Sportello help”, come la didattica andrebbe ripensata e diversi suggerimenti per i genitori.

Alla fine delle considerazioni è inoltre emerso un aspetto solitamente sottovalutato per la crescita dei più piccoli, ma che può essere spunto di riflessione anche per gli adulti.

maestra Elisabetta Nicoli

Elisabetta Nicoli

Gli ultimi giorni di scuola prima della chiusura per Coronavirus

È successo tutto molto velocemente: l’ultimo giorno di scuola prima della chiusura di Carnevale è stato il 21 febbraio. A parte l’abitudine di lavarsi spesso le mani che stavamo portando avanti da tempo dato che eravamo nel mezzo di una epidemia influenzale (che poi, pensandoci ora, magari non era nemmeno influenza) non abbiamo parlato specificamente del virus ma della necessità di rispetto delle norme igieniche. Nel tempo pieno è uso comune curare molto questo aspetto, dato che 8 ore di convivenza richiedono regole anche da questo punto di vista.

Personalmente pensavo che venissero attivate alcune restrizioni, ma immaginavo ad esempio la chiusura del servizio mensa e la riduzione delle ore frontali, oppure la suddivisione dei gruppi classe in due blocchi per avere maggior distanziamento sociale e maggiore possibilità di pulizia dei locali. All’inizio comunque, ingenuamente, pensavo che la chiusura sarebbe stata decisamente più breve.

scuole chiuse per emergenza Coronavirus Covid-19

I sistemi messi in atto per poter restare in contatto con i bambini e le famiglie durante il periodo di quarantena e chiusura delle scuole

Fortunatamente abbiamo dalla prima (io insegno in una quinta) un’ottima rappresentante di classe, capace e disponibile sia nei confronti delle insegnanti che delle famiglie; il gruppo di genitori inoltre è piuttosto coeso e collaborativo. Questo ha permesso di sentire velocemente, in modo informale, tutti i genitori e di partire con qualche attività a distanza fin dal primo giorno dopo le vacanze di carnevale.

Gli strumenti che abbiamo utilizzato da subito sono stati tutti quelli possibili: la bacheca del registro elettronico, le mail, le chat di Whatsapp, e finché è stato possibile spostarsi senza limitazioni gravissime anche le fotocopie nella cassetta della posta delle famiglie più in difficoltà con gli strumenti tecnologici.

Tuttavia inizialmente l’aspetto che abbiamo curato maggiormente, rispetto alla qualità dei compiti, è stato la relazione: i bambini erano abituati a 8 ore di scuola al giorno, diverse ore di attività sportive o integrative alla settimana (sport, inglese, musica…) e una fitta rete di relazioni sociali tra di loro.

L’aspetto della “reclusione” e dell’isolamento è stato molto faticoso, quindi abbiamo cercato di coinvolgerli in cose pratiche – adesso a scuola va di moda la dicitura “compiti di realtà” – che poi venivano condivise nella chat dei genitori.

Esempi di attività pratiche

  • abbiamo postato lo striscione che è davanti alla nostra scuola e loro hanno iniziato a fare striscioni e a fotografarli
  • la collega di matematica ha postato una ricetta per una torta con le grammature che erano risultati di espressioni e loro hanno preparato la torta e l’hanno fotografata
  • ho scritto una lettera personalizzata ad ognuno di loro e mi hanno risposto

Tengo a precisare che tutto questo è avvenuto anche grazie alla mediazione della rappresentante di classe, perché nessuna di noi maestre è nella chat.

Le iniziali perplessità dei genitori

Abbiamo invece condiviso subito i nostri indirizzi mail, in modo da risolvere eventuali dubbi, ma devo dire che non sono stati molto utilizzati dai genitori. Pur con qualche perplessità, legata soprattutto alla sicurezza degli strumenti, abbiamo anche chiesto, fin dall’inizio, se i genitori fossero interessati alle lezioni in videochiamata, ma si sono dimostrati per gran parte contrari.

I motivi erano diversi, ma tutti assolutamente legittimi e reali ed andavano dalla mancanza di device da poter utilizzare, alla poca affidabilità della connessione internet (alcuni solo con cellulare), alla mancanza di tempo per seguire le videochiamate, al numero di figli presenti in casa. Non ultimo e secondo me importantissimo problema: la nostra scuola è collocata molto vicina a ospedale e cliniche e una percentuale piuttosto alta dei nostri genitori è composta da personale sanitario o che comunque lavora in quel comparto: è chiaro che non potevamo pretendere, nel pieno dell’emergenza, videochiamate con queste famiglie.

Pian piano, col passare delle settimane, abbiamo iniziato ad inserire anche compiti un po’ più classici ed impegnativi, senza abbandonare i compiti di realtà che i bambini gradiscono molto. Abbiamo quindi lavorato molto registrando video, in cui spiegavamo le lezioni e gli esercizi da fare, integrati con pagine del libro e qualche esercizio.

Le difficoltà sono state diverse

I libri erano rimasti a scuola e pur essendo disponibili anche in formato digitale quasi nessuno li aveva scaricati, non tutti disponevano della stampante, quindi non era possibile mandare attività da stampare, i genitori all’inizio credevano che i video non fossero essenziali e chiedevano solo esercizi, ma ritenevano che copiare gli esercizi da smartphone fosse troppo faticoso, insomma c’è stato da spiegare più agli adulti che ai bambini come stavamo lavorando.

Con il tempo la situazione si è modificata

Le famiglie meno attrezzate hanno magari ampliato la connessione internet o hanno acquistato un tablet, la scuola ha messo a disposizione in comodato d’uso un certo numero di device (per i bambini della primaria molto pochi, ma meglio di niente), e pur con tutte le problematiche le famiglie hanno ricreato una parvenza di routine.

La Classe virtuale e lo Sportello help

Stiamo quindi utilizzando anche una classe virtuale nella quale i bambini possono essere abbastanza autonomi nella restituzione dei compiti, ed abbiamo programmato anche qualche videochiamata. Dapprima solo di saluto (le abbiamo chiamate agorà) e poi siamo partite con lo sportello help, cioè diversi momenti fissi nella settimana in cui noi maestre siamo in videochat per rispondere alle domande o rispiegare a chi ne avesse bisogno, mentre continuiamo a mandare le lezioni soprattutto in modalità che non richieda l’accesso contemporaneo.

Abbiamo dovuto rivedere e modificare tutte le programmazioni per adeguarle alla didattica a distanza. Per riuscire ad utilizzare i programmi specifici è stato necessario creare le credenziali di accesso per tutti gli alunni, sono stati organizzati momenti di formazione online per gli insegnanti, creati tutorial per gli alunni ed i genitori: una mole di lavoro concentrata in pochissimo tempo, ma ne è valsa la pena.

La tecnologia nel rapporto insegnanti-studenti-famiglie durante l’emergenza

Io amo molto la tecnologia, ritengo anche di utilizzarla e conoscerla con una buona padronanza, ma forse proprio per questo sono ben consapevole anche dei suoi limiti. Gli strumenti sono appunto strumenti, quindi risentono in maniera imprescindibile dell’aspetto umano di chi li utilizza.

Qualche criticità a livello generale

In questo periodo – soprattutto all’inizio – si è visto di tutto e di più, anche da parte delle scuole: videochiamate con sistemi non protetti, in cui poteva entrare chiunque, richieste degli insegnanti di rimandare gli elaborati in un solo formato e solo in quello (in modo da facilitare la correzione agli insegnanti, ma facendo spendere soldi inutilmente ai genitori che non conoscevano le possibilità del software libero), insomma cose poco ortodosse. L’assurdo è stato che i genitori hanno gradito queste cose e le scuole che si sono mosse magari con più cautela o con tempi più lunghi per cercare di garantire la sicurezza sono sembrate quelle più in ritardo.

I lati positivi e gli strumenti utili

La tecnologia usata bene, invece, ha bisogno di una riflessione seria su cosa è necessario e opportuno in quella situazione e cosa non lo è, ma soprattutto, dato che è strumento e non scopo, non deve prendere il sopravvento sull’obiettivo, che in questo caso era raggiungere il maggior numero possibile di alunni creando il minor numero di dispersi.

Diciamo che, a distanza di due mesi, si è dimostrato utile il registro elettronico per raggiungere la maggior quantità di alunni e mandare compiti e lezioni con molti media diversi e si stanno dimostrando utili e molto gradite ai bambini le videochiamate, non tanto per l’aspetto didattico ma perché hanno consentito loro di sentirsi di nuovo parte di un gruppo.

I sistemi di comunicazione vincenti sono quelli che privilegiano la relazione umana

Tuttavia la tecnologia che si è rivelata più importante in assoluto è stata quella che prevede la relazione personale: gli insegnanti di sostegno e  gli educatori hanno utilizzato e stanno utilizzando tantissimo i sistemi di comunicazione uno a uno (WhatsApp, Skype e simili), gli alunni che sanno usare la mail utilizzano quella – a differenza dei genitori – per mandare richieste direttamente agli insegnanti (i miei alunni hanno appena imparato ad usarla e ho già la casella piena dei loro messaggi personali, che non riguardano i compiti ma la relazione personale: mi mandano disegni, piccoli racconti, barzellette, cose così).

Credo che siano questi strumenti quelli che permettono di salvaguardare maggiormente gli alunni più fragili, e in parte anche tutti gli altri: quelli che sanno creare relazione.

La scuola come punto di riferimento: considerazioni sulla didattica a distanza

La scuola a cui siamo abituati noi è anzitutto un fatto sociale, necessita quindi di solidi rapporti tra insegnanti, tra insegnanti ed alunni e tra gli alunni stessi. Si tratta del primo spazio in cui i bambini si misurano con relazioni strutturate, esterne all’ambiente familiare e in cui si allenano allo stare insieme e a diventare membri di una società. È un luogo di apprendimento, ma anche di educazione e socializzazione, quindi togliere l’aspetto fisico dello stare insieme sarebbe una grave perdita.

Esistono nel mondo luoghi in cui la didattica a distanza ha una grande e positiva tradizione (penso ad esempio alle fattorie remote in Australia, a centinaia di chilometri tra loro, che già negli anni 50 venivano raggiunte dalla scuola attraverso la radio), quindi non è impossibile lavorare bene anche in questa modalità.

Ripensare il modello scolastico a fronte dell’emergenza sanitaria Coronavirus

Credo tuttavia che la via corretta non passi attraverso la ripetizione esatta della scansione delle ore di lezione che erano attivate in presenza, bensì attraverso un ripensamento di orari, modalità, materiali, strumenti didattici.

In linea teorica sarebbe quindi possibile, ma si devono tenere ben presenti alcuni fattori:

  • l’Italia non è coperta in maniera omogenea da connessioni internet veloci
  • le famiglie non sempre hanno gli strumenti tecnologici adeguati o non li hanno in numero sufficiente per tutti i figli
  • spesso non hanno nemmeno le competenze per poter garantire ai bambini un accesso alla rete sicuro e controllato

Sarebbe quindi necessario investire molto da questo punto di vista. Infine, so che è un discorso che molti insegnanti non vogliono sentire perché ritengono che svilisca il ruolo dell’istruzione, ma mi pare importante rilevare che la scuola è anche un luogo in cui i bambini vengono lasciati al sicuro. Se i genitori lavorano fuori casa dove possono lasciare i figli?

Attenzione all’aspetto psicologico

Credo che la cosa essenziale in questo periodo sia curare l’aspetto psicologico della vita dei bambini. Se è difficile per un adulto, che comprende le ragioni di questa situazione, adattarvisi ed accettarla, lo è ancora di più per i bambini, che magari non comprendono bene di cosa si tratta. Il rischio è che sviluppino attacchi d’ansia, paure immotivate, sensi di colpa.

Qualche consiglio per i genitori di bimbi in età da scuola elementare, per affrontare insieme a loro un periodo così lungo di chiusura della scuola

Occorre parlare il più possibile con loro, ascoltarli e rispondere in modo sincero a tutte le loro domande, senza spaventarli, usando un linguaggio adatto alla loro età. Con i bambini di prima e seconda elementare potremo utilizzare magari anche fiabe e filastrocche, ai più grandi potremo spiegare anche semplici concetti scientifici.

Tuttavia è importante anche parlare d’altro, ed è qui che la scuola può essere d’aiuto: guardare insieme cosa c’è sul registro, leggere insieme un bel libro, cercare informazioni aggiuntive sulla lezione di storia o di scienze, una volta tanto non perché è da fare ma perché serve a stare vicini, perché è bello anche per gli adulti imparare qualcosa di nuovo. Insomma, stare accanto a loro.

L’importanza per i bambini di imparare a fermarsi ed annoiarsi

C’è infine un lato positivo molto sottovalutato di questo periodo: la possibilità per i bambini, di annoiarsi. I nostri bambini non si annoiano mai, sono pieni di impegni, di compiti, di attività. Lasciare loro del tempo vuoto, da riempire con ciò che vogliono, o anche da trascorrere fissando il soffitto, è un grande regalo, perché permette di scegliere, pensare, riflettere su loro stessi, insomma, di crescere.

 
Ringrazio Elisabetta Nicoli per il prezioso contributo a questo articolo.

 

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Un punto di riferimento per ogni mamma: La Tela di Mamata

Un punto di riferimento per ogni mamma: La Tela di Mamata

Voglio dedicare uno spazio alla Tela di Mamata, che consiglio ad ogni mamma e futura mamma che come me si sia trovata immersa in un mare (molto profondo e a volte dimenticando come si nuota) di dubbi, domande, legittime preoccupazioni una volta scoperto di essere incinta.

Puoi essere l’individuo più razionale della galassia, ma un piccolo esserino che cresce dentro di te impiega davvero poco pochissimo a mettere in forse ogni certezza.

La bacchetta magica per sentirsi tranquille e spazzare via ogni ansia non esiste. La Tela di Mamata però è quanto più ci si avvicina.

Un luogo in cui una donna può sentirsi a casa ed essere seguita fin da quando il test di gravidanza risulta positivo.

Un luogo che mette al centro la persona ed offre servizi, anche a domicilio, a mamme e papà in ogni fase della creazione di una nuova famiglia: gravidanza, parto e post parto.

Le parole d’ordine: accoglienza, ascolto, supporto, professionalità.

Sara Simoni ed Elisa Goffredi sono due ostetriche. Nel 2017 hanno aperto La Tela di Mamata.

Sara Simoni

Elisa Goffredi

La Tela di Mamata quali servizi offre?

La nostra è una associazione che ha un centro con sede a Rivalta sul Mincio.

Proponiamo corsi di vario genere. Da quelli più tradizionali di accompagnamento alla nascita a corsi su tematiche più specifiche come la gestione del dolore durante il travaglio, il portare in fascia, l’allattamento, lo svezzamento, laboratori teorici e pratici sulla gestione del dolore individuando risorse individuali di donne e coppie.

Oltre agli incontri c’è una parte di consulenze individuali, su qualsiasi esigenza possa avere la mamma che si trova a cercare la gravidanza, ad essere in gravidanza, e nei primi mesi di vita del bimbo.

Il centro ospita anche altri professionisti?

Certo. Ne abbiamo alcuni che lavorano da noi in modo stabile, mentre altri che ruotano e vengono a fare degli incontri formativi. Tra i professionisti ci sono la consulente delle fasce, l’osteopata, la psicologa perinatale, la psicoterapeuta, la nutrizionista. Diamo anche la possibilità di organizzare incontri formativi accreditati per le colleghe ostetriche.

Una donna con un test di gravidanza positivo si trova così ad avere un unico centro di riferimento, in un’ottica di continuità. Era esattamente questo che desideravamo offrire.

Con quale obiettivo era nata questa realtà?

L’obiettivo era appunto raccogliere in un’unica casa diverse attività.

Volevamo fosse un luogo accogliente e caldo, nulla a che vedere con la freddezza di un ambulatorio. Volevamo poter accogliere le famiglie in un momento particolare della loro vita: quello della genitorialità. Ci occupiamo di diffondere una cultura legata al mondo della nascita e quindi anche tutti i nostri servizi ruotano intorno a questo tema.

Una cultura che dia valore alle persone. Una donna, quando si trova in gravidanza, la prima cosa che fa è telefonare al ginecologo o in consultorio, ed inizia una serie di visite della gravidanza. Ecco, noi volevamo fare qualcosa in più, senza ovviamente nulla togliere alla parte clinica che è fondamentale. Volevamo dare servizi di supporto alle mamme, ad ampio raggio.

In questo periodo di restrizioni a causa dell’emergenza sanitaria, come si è organizzato il vostro Centro per essere di aiuto alle mamme?

Nel rispetto del Decreto Ministeriale abbiamo rimodulato i servizi, servendoci della tecnologia per poter proseguire nell’aiuto alle mamme. Ci serviamo del telefono con skype e videochiamate, facendo visite dal vivo solo se strettamente necessarie per situazioni particolari.

Tutto ciò che possiamo fare lo facciamo tramite telefono, per non far mancare il supporto alle mamme anche in questa fase.

In cosa si differenzia il vostro Centro?

La Tela di Mamata è un luogo in cui si può avere assistenza ed ascolto in tutto il periodo perinatale. Prima della gravidanza, durante e dopo il parto.

Cerchiamo di lavorare sulla totalità di questi aspetti, perché non ci sono altri servizi in grado di dare questo tipo di supporto a trecentosessanta gradi. A Mantova non c’era qualcosa di simile.

Forse le cose che ci caratterizzano principalmente sono la continuità assistenziale, la personalizzazione dei servizi ed il tempo. Non c’è la necessità di dover fare tutto velocemente e cerchiamo di rispettare il più possibile i tempi della mamma e del bambino in ogni consulenza.

Come funziona il nuovo servizio dell’ostetrica a domicilio, in collaborazione con il Comune di Mantova?

Il servizio era nato da un progetto che avevamo scritto e che avevamo presentato al Comune di Mantova. Ne siamo molto orgogliose. Il progetto originale prevedeva una visita domiciliare da parte nostra per tutti i nuovi nati residenti nel Comune di Mantova.

I genitori potevano chiamarci direttamente e garantivamo l’appuntamento nel giro di 24/48 ore. La visita a casa delle famiglie era l’occasione per parlare di tutte le piccole o grandi difficoltà che ci potevano essere nel dopo parto.

Come è stato temporaneamente modificato questo servizio, durante l’emergenza Covid-19?

Abbiamo modificato il progetto sospendendo le visite a domicilio e sostituendole con una videochiamata o consulenza telefonica.

Invece di un unico contatto, per ciascun residente sono previste due videochiamate, perché siamo consapevoli che il telefono non è la stessa cosa.

Quali consigli date alle mamme che si trovano ad affrontare una gravidanza o il parto in questo periodo di difficoltà, senza poter avere amici e famigliari accanto?

Questo periodo rappresenta effettivamente una grande difficoltà. Noi siamo disponibili a supportare ogni mamma come possiamo.

Tra i consigli che diamo c’è prima di tutto il non aver paura di chiedere aiuto.

È importante anche cercare di mantenere i contatti, sempre sfruttando la tecnologia, con amici e famigliari che possano essere di supporto. Quindi da un lato avvalersi di un supporto professionale e dall’altro dell’affetto, se pur a distanza, di amici e parenti. Dal punto di vista della salute invece, è bene osservare le indicazioni date a livello generale.

Rispetto a prima dell’emergenza sanitaria, c’è qualche richiesta particolare da parte delle mamme?

Un tema che è emerso ultimamente è la paura del parto. Tante mamme chiedono di partorire a casa perché hanno paura ad andare in ospedale.

Partorire a casa è possibile ed è un servizio che noi diamo, ma non si può organizzare all’ultimo momento. In ospedale sono state adottate una serie di scrupolose attenzioni per proteggere la salute di mamme, famiglie, operatori. Ci sono percorsi separati per mamme Covid. C’è una grande attenzione e tutte le misure messe in pratica sono necessarie per la tutela della salute della mamma e del bambino.

Quali rischi si corrono a cercare informazioni sulla gravidanza su internet, invece di chiedere un consulto a professioniste come voi?

Non è una banalità: bisogna fare attenzione a cercare informazioni sul web.

Internet può essere una risorsa grandiosa, perché ci sono tantissimi siti affidabili, ma allo stesso tempo altrettanti con informazioni parziali o sbagliate. Non ci sono filtri, non ci sono controlli e un consulto su internet non può sostituire il parlare con un professionista.

Può essere molto pericoloso inciampare in una informazione sbagliata. Ricordiamo che non esiste una domanda stupida, qualsiasi preoccupazione merita di essere risolta, e per ogni dubbio siamo a disposizione.

C’è qualche nuova iniziativa che state organizzando per il futuro?

In particolare c’è un progetto che da diverso tempo proviamo a far partire ma senza ancora esserci riuscite al meglio: il cerchio delle mamme. Si tratta di un gruppo di sostegno fatto da mamme, rivolto ad altre mamme in gravidanza o che hanno appena partorito.

Un’attività non strutturata, ma con la presenza delle ostetriche per approfondire alcuni aspetti. Abbiamo uno spazio apposta: un ambiente informale dove poter chiacchierare, stare insieme con i propri bimbi, con a disposizione fasciatoio, cuscini, scaldabiberon, tisane calde.

Ci piacerebbe molto creare questo gruppo di sostegno dove il motore siano le mamme stesse, e speriamo di riuscirci.

Il post parto è un momento delicato, dove spesso si trova il deserto in quanto a servizi di sostegno sul territorio.

I contatti:

La Tela di Mamata
Piazza Arrivabene 5 – Rivalta sul Mincio – Frazione di Rodigo (MN)
Facebook La Tela di Mamata
www.lateladimamata.com
lateladimamata@gmail.com
Sara Simoni 3492636843
Elisa Goffredi 3923588463

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Elena Caracciolo giornalista ufficio stampa consulente comunicazione gestione social e siti Mantova Elena Caracciolo – Sono giornalista pubblicista, freelance, mi occupo di comunicazione ed uffici stampa per privati, enti pubblici, aziende e associazioni di volontariato, dalla consulenza alla strategia, gestisco siti web e social e sono ideatrice di progetti rivolti a donne e mamme. 

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Scuole chiuse ed invito a non uscire – Appello ad insegnanti, educatori, professionisti per dare idee a mamme e papà su come gestire al meglio i bimbi in casa

Scuole chiuse ed invito a non uscire – Appello ad insegnanti, educatori, professionisti per dare idee a mamme e papà su come gestire al meglio i bimbi in casa

Se sei insegnante, educatrice/educatore, un professionista che si occupa di ambiti che riguardano bambini e ragazzi: questo spazio è per te. Per aiutare mamme e papà che dovranno tenere i propri bimbi a casa.

Il nuovo Decreto sull’emergenza sanitaria Coronavirus in corso, impone diverse misure di tutela per la salute pubblica. Tra queste ci sono la chiusura delle scuole fino al 3 aprile, la chiusura di luoghi culturali e sportivi, il divieto di assembramenti, l’invito a non uscire se non strettamente necessario e limitare al massimo i contatti e le relazioni sociali.

Per i genitori non sarà facile e c’è bisogno di aiutarsi a vicenda, ognuno come può.

Idee e consigli per mamme e papà sulla gestione di questa situazione non ordinaria

Metto a disposizione uno spazio sul mio sito web per raccogliere e pubblicare idee di giochi e forme di intrattenimento per bambini e ragazzi, da poter fare in casa con ciò che si ha e consigli su come affrontare al meglio la gestione domestica dei bimbi e la nuova non ordinaria routine.

Per tenere lontana la noia ed offrire una valida alternativa anche a videogiochi, tablet e televisione in questo lungo periodo di astensione dalla scuola e da altri luoghi di aggregazione.

Scrivimi per condividere un’idea, un consiglio, un aiuto

 

 

Donare il cordone ombelicale è una scelta d’amore

Donare il cordone ombelicale è una scelta d’amore

Forse non lo sai, oppure ne hai sentito parlare ma non ti sei mai informata/o fino in fondo: il cordone ombelicale contiene delle cellule preziosissime, ed è possibile donarlo.

Se sei incinta, se pensi di volere un figlio o se conosci qualche futuro genitore, contribuisci a diffondere questa possibilità che può salvare una vita.

In un articolo di qualche tempo fa sulla mia esperienza nell’ospedale di Mantova durante il parto, avevo fatto un accenno a questo argomento.

Ho voluto metterlo in evidenza dopo aver parlato con un’amica incinta, che non donerà il cordone del suo bambino perché qualcuno le ha detto che può rappresentare un rischio per il neonato.

Un’informazione non vera: non esistono rischi. Esiste solo una scelta di cuore a costo zero.

Una scelta che io ho fatto e che qualunque genitore, se mamma e bimbo stanno bene, può fare. Sarà bellissimo poter raccontare ai propri figli questo atto di amore e altruismo all’istante della loro nascita.

Perché donare il cordone ombelicale

Il trapianto di cellule staminali emopoietiche raccolte dal midollo osseo, dal sangue periferico e dal sangue del cordone ombelicale, rappresenta oggi l’unica terapia salvavita di successo per curare numerose malattie del sangue.

È possibile donare il sangue cordonale al termine del parto, dopo che il cordone ombelicale del bambino è stato reciso. Nei vasi cordonali rimane un po’ di sangue generalmente considerato prodotto di scarto. Questo sangue è invece ricco di cellule staminali che possono essere utilizzate per il trapianto di pazienti con leucemia o altre gravi malattie del sangue.

Se viene raccolto, la banca del sangue cordonale lo conserva per anni, restando a disposizione per le persone che necessitano di trapianto. Si può chiedere di donare volontariamente e gratuitamente il sangue cordonale.

È una scelta libera, personale e volontaria, che non comporta rischi né per la donna né per il bambino.

Cosa fare per donare il cordone

  • Se abiti in provincia di Mantova, per farlo è sufficiente contattare l’associazione Abeo di Mantova e prendere appuntamento intorno alle 36/38 settimane di gravidanza per un colloquio con la biologa.

Una volta preso appuntamento, basterà dedicare circa un’ora del proprio tempo per compilare dei documenti e rispondere ad alcune domande, che servono per accertare uno stato di salute idoneo di mamma e bambino.

  • Se risiedi in un’altra città/provincia, puoi fare riferimento all’ospedale del tuo territorio per chiedere informazioni, oppure contattare l’associazione di volontariato più vicina a te che si occupi del dono (come Admo o Avis).

Poco tempo per fare una cosa grande.

Abeo Donazione

È il programma di Abeo Mantova che si occupa di informare e sensibilizzare la cittadinanza sull’importanza e sul valore della donazione di cellule staminali.
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche raccolte dal midollo osseo, dal sangue periferico e dal sangue del cordone ombelicale, rappresenta oggi l’unica terapia salvavita di successo per curare numerose malattie del sangue.

La probabilità di trovare un donatore compatibile è molto bassa: 25% tra fratelli, solo 1 su 100.000 tra non consanguinei. Ogni anno in Italia si contano 1.500 malati di leucemia e il 70% di questi sono giovani e bambini. Nella maggior parte dei casi, trovare un donatore compatibile è l’unica speranza di guarigione: ogni anno muoiono 100 bambini malati di leucemia, proprio perché non trovano un donatore.

Se ad essere malata fosse una persona a te cara, vorresti senza dubbio che tutte le mamme del mondo donassero il sangue cordonale dei propri bimbi.

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Elena Caracciolo giornalista ufficio stampa consulente comunicazione gestione social e siti Mantova Elena Caracciolo – Sono giornalista pubblicista, freelance, mi occupo di comunicazione ed uffici stampa per privati, enti pubblici, aziende e associazioni di volontariato, dalla consulenza alla strategia, gestisco siti web e social e sono ideatrice di progetti rivolti a donne e mamme. 

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