Ottimi piatti, gentilezza e un occhio di riguardo verso i bimbi piccoli: il Grifone Bianco di Mantova

Ottimi piatti, gentilezza e un occhio di riguardo verso i bimbi piccoli: il Grifone Bianco di Mantova

Succede che quando mi imbatto nella gentilezza, la prima cosa a cui penso è che non vedo l’ora di poterla in qualche modo raccontare e condividere.
 
Questa volta mi è successo una sera nella mia città. Al Grifone Bianco.
Con il mio compagno abbiamo deciso di concederci una cena fuori, naturalmente insieme alla nostra bimba.
ristorante Grifone Bianco Mantova
 
Andare al ristorante è ancora sempre un terno al lotto. Ci impegniamo a rispettare al massimo gli orari stabiliti dalla creaturina – ovvero cena alle 19 massimo 19.30 e scappare verso le 20/20.30 – ma a volte lei ci fa chiaramente capire che preferiva stare a casa attaccata a me e che giustamente poco le interessa la vita serale.
 
Premesse a parte sulle difficoltà di conciliare la routine di furbina e dei suoi nove mesi con il mio legittimo desiderio di non cucinare ogni tanto, accennavo appunto alla gentilezza.
 

L’ho trovata al Grifone Bianco di piazza Erbe, nel centro di Mantova

ristorante Grifone Bianco Mantova
 
A dire la verità erano almeno un paio d’anni che non andavo lì a cena. Per nessun motivo particolare. Non era più capitato di andarci.
 
L’altra sera invece ho detto “perché non proviamo?”. Erano le 19.15, chiaramente eravamo i primi perché le altre persone a quell’ora in estate sono a fare altro.
 
Il posto è più elegante e raffinato rispetto ad altri del centro città e la mia preoccupazione è stata subito “oddio adesso Beatrice tirerà giù mezza tavola, farà casino, pasticcerà con il cibo e ci guarderanno male sperando di non rivederci”.
 
Un pensiero, il mio, dovuto al fatto che in altri posti è capitato esattamente così. È capitato di sentirmi poco desiderata con una bimba piccola – anche se non piange praticamente mai, ma non essendo un robot si muove e si fa sentire come ogni creaturina.
 
Al Grifone Bianco è andata nel modo esattamente opposto.
ristorante Grifone Bianco Mantova
Appena arrivati i camerieri ci hanno sorriso (preciso che quando si avvicinavano c’era la mascherina posizionata correttamente) e accolto con una gentilezza che ho percepito essere sincera e non soltanto professionale e di facciata o convenienza.
Ci hanno immediatamente chiesto se volessimo un seggiolone – no, non è una banalità. Non accade ovunque.
Il cameriere che ci ha servito si è rivolto carinamente più volte a Beatrice.
Pochi minuti dopo stavo già dicendo “guarda come sono carini e gentili, che bello!” e il mio piacevole stupore è aumentato quando c’è stata l’accortezza di portare anche un bicchiere piccolo per mia figlia.
 
Non ho finito.
 
Al momento dell’ordinazione ho chiesto un piattino con qualche spaghetto per lei – gli spaghetti – faccio quasi senza dirlo – sono finiti in buona parte sulla tavola, sul seggiolone, sui vestiti (anche miei), per terra, e forse sono arrivati fino a casa tua.
 
Spaghetti misti a briciole di pane e una buona quantità d’acqua.
 
Insomma un casino.
ristorante Grifone Bianco Mantova
Mi sono scusata con il cameriere, offrendomi per restare a fare le pulizie dopo cena, e la risposta – di nuovo con estrema cortesia e comprensione – è stata “non si preoccupi, i bambini cos’altro dovrebbero fare..”.
 
E dato che di ristorante si parla, un appunto sui piatti: l’Alessandro Borghese che c’è in me darebbe un 9 pieno al menù e anche al conto, già che ci siamo con i voti.
Oltre al servizio da 10, ho mangiato davvero bene e tornerò sicuramente senza far passare molto tempo.
ristorante Grifone Bianco Mantova
 

Nota per i malfidenti

Non conosco il proprietario del locale e nemmeno chi ci lavora. Ho deciso di scrivere questo articolo solo quando la cena era quasi finita e senza che il personale lo sapesse, quindi nulla è stato fatto apposta.

ristorante Grifone Bianco Mantova
 
 
“Mamma…e adesso?”. Scrivimi per raccontare la tua esperienza.

Elena Caracciolo giornalista ufficio stampa consulente comunicazione gestione social e siti Mantova Elena Caracciolo – Sono giornalista pubblicista, freelance, mi occupo di comunicazione ed uffici stampa per privati, enti pubblici, aziende e associazioni di volontariato, dalla consulenza alla strategia, gestisco siti web e social e sono ideatrice di progetti rivolti a donne e mamme. 

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Un Parco a misura di bimbi e famiglie: il Sigurtà di Valeggio sul Mincio

Un Parco a misura di bimbi e famiglie: il Sigurtà di Valeggio sul Mincio

Dove trascorrere una giornata d’estate con i bambini, lontani dal caldo, immersi nella natura ma a due passi dalla città e con tante attività da fare?

La risposta è facile: al Parco Giardino Sigurtà di Valeggio sul Mincio.

Un luogo che ho sempre amato e visitato diverse molte, ma che non avevo mai guardato con gli occhi da mamma. Pochi giorni fa ci sono stata per la prima volta insieme a mia figlia di quasi 9 mesi, ma l’avrei potuta portare anche più piccola se non ci fosse stato lo stop per il Coronavirus. È incredibile di quante cose non ci si accorga, quando non si hanno bimbi!

Il mio compagno ed io eravamo stati al Sigurtà in altre occasioni, e grazie a Beatrice abbiamo scoperto attività e servizi che non avevamo mai notato.

Visitare il Parco con i bimbi piccoli

Ecco alcune osservazioni per chi sta organizzando una gita con i figli piccoli (gita che consiglio davvero di fare):

  • Il Parco è super accessibile con il passeggino, anche per una mamma da sola, senza difficoltà
  • Il parcheggio per le auto è gratuito e vicino – basta una passeggiata di 5 minuti per arrivare all’ingresso (è inutile che proviate a cercare posto in centro al paese, perché dopo poco tornereste al parcheggio)
  • L’ampiezza del Parco consente di trovare con facilità spazi liberi, lontani da eventuali affollamenti, in cui sdraiarsi, riposarsi, allattare, mangiare…

  • Ci sono bar e servizi di ristorazione, ma è possibile portarsi pranzo e merenda da casa, con l’imbarazzo della scelta su dove sostare – tanto ogni angolo del Parco è meraviglioso – e si può decidere di sedersi nel prato, oppure cercare una delle aree con tavolini e panchine/sedie
  • Ombra, ombra e ancora ombra con conseguente piacevole temperatura, anche quando fuori fa molto caldo
  • Ho trovato i bagni sempre puliti
  • C’è una stupenda Fattoria Didattica con tanti animali, pannelli descrittivi ed illustrativi, area di sosta, servizi igienici e ristorazione – Bisogna fare un pochino di strada per arrivarci, ma ne vale la pena ed io vorrei già tornarci

  • Salendo dalla zona della Fattoria Didattica si può arrivare in un’area riservata ai daini, che in questo periodo hanno anche dei cuccioli e faccio senza dire che sono adorabili e verrebbe voglia di restare lì a guardarli

  • I colori forti e sgargianti dei fiori lasciano incantati gli adulti, e l’effetto benefico sui piccoli è esponenziale –  In generale si tratta di un luogo che permette di stimolare al meglio i cinque sensi
  • C’è un trenino (a pagamento) che fa il giro del Parco

  • I laghetti sono assolutamente da vedere e averne uno a casa propria farebbe dimenticare dell’esistenza di cellulari e tv

Non ti ho ancora convinto? In questo caso, continua a leggere…

Il Parco Sigurtà

Il Parco Giardino Sigurtà è un’oasi naturalistica che sorge a circa 30 km dalle città di Mantova e Verona e a soli 8 km da Peschiera del Garda: 60 ettari di prati e boschi ospitano favolose fioriture stagionali e angoli testimoni della storia plurisecolare del Giardino.

Da non perdere

  • Il famoso Viale delle Rose con 30.000 rose antiche rifiorenti da maggio a settembre e che rappresentano l’immagine simbolo del Giardino
  • Il Labirinto, un percorso tra 1500 piante di tasso che formano corridoi verdi su una superficie di 2500 metri quadrati
  • Il Grande Tappeto Erboso, un’immensa distesa che ospita al centro i Laghetti Fioriti
  • Il Castelletto, tempietto in stile neogotico risalente al 1792
  • La Fattoria Didattica, meta imperdibile per i più piccoli
  • I 18 specchi d’acqua dimora nel periodo estivo di centinaia di ninfee rustiche e tropicali
  • Le fioriture stagionali come la celebre Tulipanomania che con tulipani, giacinti, muscari e narcisi rappresenta la fioritura più importante di tulipani in Italia e la seconda a livello europeo

  • Le piante annuali, che sbocciano da maggio ad ottobre con 30 varietà di dalie e centinaia di begonie
  • Il fall foliage in autunno con i caldi colori (rosso, arancione, ambra, ocra) negli aceri giapponesi, liquidambar, ginkgo biloba e carpini bianchi e neri
  • La maestosa Grande Quercia, con oltre 4 secoli d’età
  • Rose, piante annuali, ortensie, fior di loto, girasoli, ninfee e zone d’ombra

La fioritura estiva

Da giugno a settembre, il tesoro verde della provincia veronese affascina i visitatori con una carrellata di tonalità, grazie alle fioriture che si susseguono nel corso delle settimane. Le 30.000 rose sul celebre Viale delle Rose, le centinaia di ortensie le cui tonalità vanno dal bianco a differenti sfumature di rosso, rosa, malva, azzurro e violetto. Le innumerevoli piante annuali come le dalie, fiori originari del Messico e che si mostrano dalle diverse forme e 30 varietà (le loro tonalità. Vanno dal bianco al rosa, dal giallo al rosso bordeaux, si sposano perfettamente ad esemplari dalla configurazione semplice, a palla, doppia, a forma di margherita, di pon-pon oppure globosa e che sono in fiore fino in autunno), le zinnie, le begonie, i sunpatiens e gli impatiens che insieme alle nove varietà di canna indica colorano fino ad ottobre il Viale delle Aiuole Fiorite.

Le modalità di visita

Il Parco può essere visitato a piedi, in bicicletta (con la propria senza costi aggiuntivi al biglietto d’ingresso, in alternativa è possibile noleggiare una bicicletta classica per un costo orario di 4,00€ oppure noleggiare una bicicletta elettrica (firmata Atala) per un costo orario di 6,00€), a bordo del trenino panoramico per un tour completo del Parco, sullo shuttle elettrico (al momento sospeso) accompagnati da una guida, oppure sui comodi golf-cart elettrici dotati di sistema di rilevamento satellitare GPS in quattro lingue.

Il servizio ristorazione

Mentre per una pausa rigenerante nel verde, all’interno del Parco vi sono sei chioschi bar dove sono serviti bibite fresche, gustosi snack, panini, focacce, pizzette, gelati golosi e ottimi caffè.
Nei pressi della Fattoria Didattica si trova una pizzeria al taglio con prodotti gustosissimi e nelle vicinanze dei chioschi sono state allestite delle apposite aree pic-nic per consumare anche pranzi al sacco.

CLICCA QUI per visualizzare gli eventi estate 2020

www.sigurta.it

 

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Due donne e artiste unite dall’olio Evo: Maripa, Bernulia e il Leone d’Oro

Due donne e artiste unite dall’olio Evo: Maripa, Bernulia e il Leone d’Oro

Questa è una storia di donne – Giulia e Maria Paola – e di olio. L’olio, un elemento così comune sulle nostre tavole, ma che dopo aver letto questo pezzo guarderai – e assaporerai – in un modo diverso.

Una storia come quelle con cui mi piace riempire questo spazio, nato per raccontare professioniste, mamme e non, donne che possano essere fonte di ispirazione ed esempio per altre.

Maripa e Bernulia

Maripa e Bernulia

Giulia Bernardelli – in arte Bernulia

Ho conosciuto Giulia nel luglio del 2015. Scrivevo a tempo pieno per la Gazzetta di Mantova e una mattina mi avevano incaricata di intervistare Giulia Bernardelli, in arte Bernulia.

Non sapevo chi fosse – nonostante la condivisione della stessa città – non l’avevo mai sentita nominare.

Giulia Bernardelli Bernulia

Bernulia

Ci eravamo date appuntamento in piazza Sordello per bere un caffè, sfidando i cento gradi che la terra gonzaghesca offre solitamente nei mesi estivi.

Mi erano bastati pochi minuti per iniziare a capire che proprio il caffè era tra gli strumenti di lavoro usati da Giulia. Caffè, liquido o in polvere, ma anche miele, cioccolato, spezie ed erbe aromatiche al posto dei colori, e cucchiaini, dita, stuzzicadenti invece che pennelli. Bernulia è capace di trasformare qualsiasi elemento in pura e meravigliosa arte.

E dopo la conoscenza con Maripa, l’olio è diventato in qualche modo un altro protagonista delle sue opere.

Giulia ed io ci siamo ritrovate nel 2019 ad una serata che mi ha visto moderatrice e presentatrice di un evento dedicato alle donne. In quel periodo ero incinta, in preda alle nausee, non avevo ancora dato la notizia pubblicamente e dovevo impegnarmi per fingere di essere in forma.

Presto diventerà mamma anche Giulia – mi perdonerà se lo scrivo qui, ma lo faccio con affetto – e chissà che forse non ci troveremo ogni tanto a confrontarci su tutto ciò che la maternità comporta.

Come al solito mi faccio prendere dalla voglia di scrivere, condividere e raccontare. Ora arrivo al dunque, promesso.

Bernulia e Maria Paola Gabusi – in arte Maripa

Qualche giorno fa, Giulia, sulla sua pagina Facebook, ha chiesto se ci fosse qualche giornalista disponibile a raccontare una storia di donne, arte ed eccellenza. Come non propormi? Ed eccomi qua a voler dare spazio ad un racconto che vi farà riconsiderare l’olio.

Del resto come è facile perdere di vista la preziosità di ciò che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi.

Bernulia e Maria Paola Gabusi (per tutti Maripa) si sono incontrate un anno fa a casa di Maripa. No, non una casa banale: un podere sul Lago di Garda attorniato da un uliveto secolare. L’occasione è stata quella del Leone d’Oro, un concorso indipendente molto selettivo sui migliori oli d’oliva del mondo e che per il 2020 vedrà la finale l’11 luglio.

Maripa

Maripa

Il concorso Leone d’Oro International

Il Leone d’Oro International è un concorso che premia i migliori olî extra vergine d’Oliva del mondo. È un concorso unico.

Si tratta di due giornate che da ormai tre anni Maripa organizza sul Lago di Garda: parte del percorso che viene mappato con i produttori che inviano i loro olî e che si affidano al processo di valutazione che inizia immediatamente dopo la fine della raccolta delle olive.

leone d'oro international
Per scelta, da quattro anni, con il Leone d’Oro viene assegnata una sola medaglia d’oro per categoria selezionandola in un ristrettissimo numero di nomination (8) che arrivano in finale.Maripa è l’anima e l’organizzatrice del Leone d’oro, ha fondato O’live & Italy – associazione per la promozione della cultura dell’olio – ed è Panel Leader di un comitato di assaggio professionale riconosciuto dal MIpaaf.

Il Queendom

Maripa e Bernulia condividono l’entusiasmo per la bellezza in ogni sua forma e per l’eccellenza, per il fascino dei dettagli e per le storie sincere.
Dopo pochi giorni dal loro primo incontro, Bernulia torna nel Queendom di Maripa sul Lago: camminano tra gli alberi raccogliendo fiori, terra, foglie e Maripa insegna a Bernulia a degustare l’olio tra sfumature ed emozioni.

Da quel momento nascono opere piene di cuore, di amore per la biodiversità, delle storie degli uomini che ancora ne hanno cura. Nasce una passione esponenziale.

L’olio protagonista

Bernulia scopre l’olio evo di altissima qualità ed inizia a guardarlo in un modo nuovo, più colorato e vero. Scopre ciò che nemmeno io probabilmente so e che ora mi incuriosisce più che mai.

Il loro scopo comune diventa quello di condividere tutto questo, soprattutto tra chi dell’olio sa poco e nulla: parole e immagini, profumi e progetti.
Maripa e Bernulia trascorrono molto tempo a contatto con uomini e donne che producono qualità scientificamente, con grande fatica e cuore.

bernulia

In ogni luogo visitato, Giulia ha realizzato una composizione o un disegno per non dimenticare quelle emozioni. A luglio ci sarà la ventinovesima premiazione del Leone d’Oro nell’uliveto di Maripa.

A me è bastato scrivere questa storia per volerci andare, prima o poi.

Chissà quante cose da vedere e quanto da raccontare…

E l’olio? Ne sento già il profumo.

 

I FINALISTI

IL PROGRAMMA 

Perché ho scelto di non pubblicare foto del viso di mia figlia sui social

Perché ho scelto di non pubblicare foto del viso di mia figlia sui social

L’argomento è forse impopolare.
 
Non conosco molte persone che hanno scelto di non pubblicare il viso del proprio figlio sui social, o in generale sul web.
La mia intenzione, come sempre in questo spazio, è quella di offrire spunti di riflessione insieme a corretta informazione.
La decisione, per quanto mi riguarda, è stata naturale e ancor prima che nascesse mia figlia avevo messo a parenti ed amici il divieto di condividere foto del suo volto.
 
Qualcuno si era addirittura offeso, qualcun altro mi aveva risposto che non ero mica famosa, e quindi perché mai dovevo preoccuparmi di esporre la bambina.
Davvero solo chi è conosciuto ha il diritto di porsi il problema?
Direi proprio di no.
social media

 

Attenzione a condividere i dettagli della vita quotidiana

Ogni genitore sceglie liberamente come comportarsi, ma credo che fondamentale sia agire in modo consapevole.
Internet è un luogo insidioso, colmo di maniaci e pedofili pronti a collezionare immagini di minori ed anche ogni dettaglio della vita quotidiana, della routine della famiglia.
 
Le forze dell’ordine spesso mettono in guardia dal pubblicare particolari intimi delle proprie abitudini, oltre alle foto dei bimbi.
Un esempio pratico: un domani qualche male intenzionato – e purtroppo le cronache ci dicono che in giro ce ne sono parecchi – potrebbe usare quelle informazioni per avvicinare un bambino e conquistare la sua fiducia.

 

La privacy è importante

Un altro problema, minore in quanto a tutela ma non in quanto ad importanza, è sicuramente quello della privacy di vostro figlio.
Quale genitore può essere certo che al bimbo piacerà trovare decine e decine di sue foto online?
Ricordo che durante l’adolescenza non volevo che venissero fatti vedere nemmeno a zii e cugini gli album con le mie foto. E mi riferisco agli album cartacei, facilmente richiudibili in un cassetto.
instagram

 

Il bullismo

Infine come dimenticare il bullismo

Le cronache sono colme di tragedie legate anche a questo fenomeno. Una foto o un video – anche di anni passati – che per mamma e papà possono essere motivo di orgoglio, felicità e bellezza, per un bullo possono invece diventare un’arma da usare contro la propria vittima.

 

Lo sharenting spiegato dal giornalista Simone Cosimi

Simone Cosimi giornalista

Simone Cosimi

 
Dello sharenting, cioè l’abuso dei social da parte dei genitori per discutere delle esistenze ed esigenze dei propri figli, spesso piccolissimi, ne ha parlato in più di una occasione il giornalista Simone Cosimi.
Voglio citare lui perché ho apprezzato il suo modo di trattare l’argomento della condivisione di immagini e video dei bambini – facendo corretta ed utilissima informazione.
In diversi articoli (ad esempio QUI) ha ricordato le ragioni per evitarne la pubblicazione, mentre il tutto è stato approfondito nel libro “Nasci, cresci e posta”.
social media
 
Il mondo è un posto già talmente pieno di pericoli che l’unico vantaggio che si ha è sapere cosa poter fare per proteggere – forse, almeno un po’ – i figli.
 

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Mamma…E adesso? Se hai figli da 0 a 5 anni partecipa al sondaggio su lavoro, gravidanza e figli

Mamma…E adesso? Se hai figli da 0 a 5 anni partecipa al sondaggio su lavoro, gravidanza e figli

Ciao mamma! So bene che il tuo tempo è poco e prezioso, quindi ti rubo solo 3 minuti.
Quando ero incinta mi sono scontrata con diverse difficoltà lavorative ed ho iniziato a raccogliere le esperienze di altre donne.
Nel 2019 ho aperto questo spazio online di informazione, confronto e condivisione dedicato a gravidanza, bimbi, famiglia, per dare supporto ad altre mamme e creare una rete di aiuto.
Se hai figli da 0 a 5 anni ti chiedo di compilare un questionario anonimo ed aiutarmi nell’indagine che sto elaborando.
Se puoi, invita le tue amiche a fare lo stesso. Grazie davvero.

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Il post parto: la mia esperienza e l’intervista alla psicologa

Il post parto: la mia esperienza e l’intervista alla psicologa

Come ti sei sentita subito dopo il parto?

Se questa domanda venisse fatta a me, risponderei “mi sono sentita crollare il mondo addosso”. Ero totalmente innamorata della mia creaturina, ma allo stesso tempo anche totalmente spaventata. Nei giorni successivi al parto ho provato una infinità di emozioni e stati d’animo contrastanti. Oscillavo tra la piena felicità e la paura di non essere all’altezza di prendermi al meglio cura di quell’esserino così piccolo ed indifeso.

Anzi, avevo tantissime paure. Non ero preparata a farci i conti. 

Sono sempre stata circondata da immagini di neomamme da subito capaci, sicure, decise. Invece io, se potevo descrivermi in quei termini come donna prima della gravidanza, nei primi giorni da mamma ero l’opposto.

Ho pianto. Ho pianto davvero tanto e spesso senza ben sapere perché. O meglio, non avevo tempo di fermarmi a capirne il motivo e razionalizzare la situazione. Le prime settimane (anche mesi) con un neonato la vita non è facile. Faccio un esempio: il mio più grande terrore è quello di prendere un aereo, eppure c’è stato più di un momento in cui avrei preferito essere in alta quota che dovermi confrontare con la nuova condizione emotiva che stavo affrontando.

In alcuni momenti mi sono sentita trasparente. Mi sono sentita una specie di robot che doveva rispondere ad ogni bisogno della creaturina – ed i bisogni di un neonato sono a ciclo continuo – Non riuscivo più a vedere me come persona, oltre la mamma che ero diventata. A questo aggiungiamo che gravidanza e post parto sono un po’ il Gardaland degli ormoni e che nemmeno lo stravolgimento fisico – prima e dopo – è di conforto.

Non sapevo se tutto ciò fosse normale, perché mi sembrava che quasi tutte le altre mamme avessero ben chiaro cosa fare. Poi però ho capito che molte fingevano. Sì, perché ammettere di essere fragili non è così scontato. A chiedere aiuto serve coraggio, in una società che vuole le donne e mamme perfette.

Oggi mia figlia ha 7 mesi e mezzo. Oggi, se ripenso a quelle prime settimane, ripenso anche a quando in ospedale avevo chiesto di poter vedere come si cambiasse un pannolino e sorrido. Oggi faccio cose che in quelle prime settimane credevo non avrei mai saputo imparare e questo capitolo merita proprio un articolo a parte. Oggi ho capito che in realtà nulla è da imparare, perché ciò che appare complicato diventa semplice passo dopo passo, in maniera naturale. Oggi so che la mamma perfetta non esiste e che quindi certo non devo esserlo io. Oggi riesco a mia volta ad essere di supporto a chi sta per diventare o è appena diventata mamma.

Oggi, ancora di più, voglio ricordare quanto sia importante non sentirsi sbagliate, chiedere una mano quando serve e prendere quella di qualcuno che vuole tenderla a noi.

La psicologa psicoterapeuta Rachele Sassi ha risposto alle mie domande sui temi delicati e complessi del post parto. Qui sotto trovi la sua intervista.

Rachele Sassi psicologa psicoterapeuta

Rachele Sassi

Quanto incide a livello psicologico un evento stravolgente come il parto?

La maternità costringe ad una nuova rappresentazione di sé, all’acquisizione di nuove abilità, e soprattutto all’accettazione di un cambiamento che sarà permanente.

Per tutto il periodo dell’attesa la donna attraversa una fase di transazione da donna a madre, che porta ad una ridefinizione della propria identità e di quella della coppia.

L’esperienza del parto è considerata come un’esperienza potenzialmente traumatica, per il carico emozionale, lo stress, il timore per il dolore fisico e per la salute del nascituro.

Il momento del parto definisce un taglio netto tra un prima che non potrà tornare ed un dopo che è completamente nuovo e carico di timori, che possono sfociare in vissuti ansiosi. Anche l’andamento del parto, eventuali problematiche insorte e la gestione del periodo immediatamente dopo il parto, possono rendere l’evento più o meno traumatico.

La pandemia che stiamo vivendo costituisce inoltre un elemento di rischio per le future mamme e le neo mamme, di provare vissuti di ansia, depressione e vissuti di inadeguatezza.

Quale differenza c’è tra il parlare con un amico e il rivolgersi ad uno psicologo/psicoterapeuta?

Per una neomamma poter avere una rete di supporto è elemento fondamentale per il proprio benessere: compagni, famigliari, amici contribuiscono a non farla sentire sola in questo momento così delicato.

Tuttavia diventare genitori è una fase di passaggio che determina una rivisitazione della propria vita, può mettere in crisi la visione di sé e portare delle modifiche nel proprio modo di vedere e relazionarsi con la famiglia e con il compagno, mettere in dubbio sicurezze e scelte lavorative, generare delle modifiche nelle proprie priorità.

Parlare con un amico o un’amica porta ad uno sfogo e ad un immediato benessere, in molti casi.

Un percorso psicologico invece è la possibilità di imparare a gestire stress, ansia, depressione o altre emozioni tipiche del post partum e dei primi tempi con il bambino piccolo, di rivedere la nostra storia per stabilire un legame di attaccamento più solido con il piccolo, accrescere la nostra autostima come mamma, partendo da una ridefinizione dei rapporti con la famiglia da cui proveniamo.

Uno dei benefici più importanti di un percorso psicologico individuale o nel gruppo di mamme, è quello di apprendere che i propri vissuti negativi, o le emozioni di sconforto o tristezza, sono assolutamente normali e condivisi da altre mamme.

Perché è importante chiedere l’aiuto di un professionista?

Le mamme in attesa hanno spesso delle aspettative che sono deformate dall’immagine stereotipata della maternità in cui tutto viene dipinto come facile, bello, positivo.

I primi tempi con un bambino possono essere molto difficili: difficoltà con l’allattamento, notti insonni, tono dell’umore basso, irritabilità portano le neo mamme a sentirsi sbagliate e a dubitare delle proprie capacità di mamma.

Spesso mi sento chiedere: perché non sono felice? Se piango allora non voglio bene al mio bambino? È importante che le mamme si sentano delle buone mamme e che siano rassicurate circa i loro momenti difficili, le emozioni spiacevoli, il pianto.

Un professionista accoglie, rassicura e normalizza i vissuti delle mamme e fa un importante lavoro di prevenzione, aiutando la mamma ad acquisire fiducia in sé e ad instaurare dunque un buon rapporto con il proprio bambino. Il benessere della mamma è prerequisito fondamentale per il benessere psicofisico del bambino.

Quali sono i segni più frequenti della depressione post parto?

Dopo il parto la maggior parte delle donne vive alcune giornate di lieve e transitorio disturbo emozionale (in genere a partire dal terzo al quinto giorno). Si tratta di una condizione fisiologica causata da una brusca caduta di ormoni dopo il parto.

Questa condizione si chiama Baby Blues, o Maternity blues. È del tutto normale che in queste settimane iniziali una donna manifesti frequenti sbalzi d’umore e crisi di pianto. Inoltre, questi momenti sono accompagnati anche da ansia, dubbi e preoccupazioni insistenti che possono riguardare la salute del bambino e la sua sopravvivenza.

Quando queste situazioni non si risolvono spontaneamente possono evolvere in Depressione Post Partum. I sintomi più comuni sono sentimenti intensi di incompetenza, tristezza, vergogna, collera, con difficoltà nel sonno e calo dell’appetito. Talvolta possono essere presenti pensieri insistenti di fare del male al bambino o di farlo cadere.

Perché capita che una coppia attraversi un momento di crisi con la nascita di un figlio?

La nascita di un figlio rappresenta una sorta di spaccatura con la vita precedente. Si riattivano dinamiche non elaborate del rapporto con la propria famiglia di origine, ci si sente impreparati nel nuovo ruolo di genitore, messi da parte dal compagno o dalla compagna, stanchi e privi di spazi personali.

Tutte le coppie necessitano di un tempo per metabolizzare questo stravolgente cambiamento e per ridefinire nuovi confini e nuovi modi di essere coppia, oltre che genitori.

È come se ogni coppia potesse essere rappresentata da un insieme, che contiene i due insiemi, io e tu, ognuno con i propri spazi e interessi individuali. Con l’arrivo del bambino si amplia l’insieme Famiglia, pertanto si crea un insieme più grande (la triade mamma, papà, bambino) ma non deve sparire il sottoinsieme Coppia.

Coltivare un’identità di coppia, con progetti, spazi, pensieri e interessi da condividere è fondamentale per continuare ad essere due, pur diventando tre (o quattro). È necessario anche prendere consapevolezza che, soprattutto nei primi mesi, i bisogni del neonato si impongono con forza e assorbono grossa parte delle energie di ciascuno, lasciando pertanto meno risorse per il resto. È una fase transitoria, in cui si può imparare a godere dei nuovi tempi a tre, dopo aver elaborato una sorta di lutto per la perdita della condizione esclusiva di coppia.

In che modo un percorso di psicoterapia può essere di aiuto?

Un percorso di psicoterapia può essere inteso come un percorso individuale, rivolto alla neomamma, qualora ci siano nodi difficili della propria storia relazionale passata o traumi da risolvere, per ritrovare la serenità nel ruolo di mamma.

Oppure può essere inteso come percorso di psicoterapia per la coppia, per ritrovarsi dopo lo sconvolgimento dell’arrivo del figlio. Gli obiettivi della psicoterapia possono essere molteplici, a seconda della situazione e della domanda di quella persona o di quella coppia. In generale ci si prefigge di ritrovare un più ampio benessere psicofisico, di trovare nuovi modi per gestire le emozioni e la comunicazione, di rinforzare la propria autostima. Stare bene con sé stessi ed avere fiducia nelle proprie risorse ci porta a sviluppare uno stile di attaccamento sicuro con il nostro bambino, che a sua volta crescerà più fiducioso verso sé stesso ed il mondo esterno.

In questo delicato momento è possibile fare incontri individuali, mentre sono ancora sospesi i percorsi di gruppo.

 

Ringrazio Rachele Sassi per l’idea e per il prezioso contributo a questo articolo.

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