Un’insegnante racconta il nuovo modello di scuola durante l’emergenza Covid – didattica e tecnologia, iniziative, criticità, consigli per i genitori

Un’insegnante racconta il nuovo modello di scuola durante l’emergenza Covid – didattica e tecnologia, iniziative, criticità, consigli per i genitori

Tra le fasce deboli che più stanno risentendo dell’emergenza sanitaria Coronavirus, credo ci sia quella rappresentata dai bambini. A loro, in questa necessaria quarantena, è stato tolto un punto di riferimento fondamentale della vita: la scuola. Le famiglie hanno dovuto riorganizzarsi dall’oggi al domani, le routine sono state stravolte e il nuovo fulcro è diventato la propria casa.

Per approfondire questi aspetti ho intervistato Elisabetta Nicoli, insegnante alla scuola primaria Martiri di Belfiore di Mantova. Mi ha raccontato in modo dettagliato il dietro le quinte della chiusura delle scuole: le prime attività a distanza per gli alunni, le iniziali perplessità dei genitori e l’evolversi della situazione, le iniziative “Classe virtuale” e “Sportello help”, come la didattica andrebbe ripensata e diversi suggerimenti per i genitori.

Alla fine delle considerazioni è inoltre emerso un aspetto solitamente sottovalutato per la crescita dei più piccoli, ma che può essere spunto di riflessione anche per gli adulti.

maestra Elisabetta Nicoli

Elisabetta Nicoli

Gli ultimi giorni di scuola prima della chiusura per Coronavirus

È successo tutto molto velocemente: l’ultimo giorno di scuola prima della chiusura di Carnevale è stato il 21 febbraio. A parte l’abitudine di lavarsi spesso le mani che stavamo portando avanti da tempo dato che eravamo nel mezzo di una epidemia influenzale (che poi, pensandoci ora, magari non era nemmeno influenza) non abbiamo parlato specificamente del virus ma della necessità di rispetto delle norme igieniche. Nel tempo pieno è uso comune curare molto questo aspetto, dato che 8 ore di convivenza richiedono regole anche da questo punto di vista.

Personalmente pensavo che venissero attivate alcune restrizioni, ma immaginavo ad esempio la chiusura del servizio mensa e la riduzione delle ore frontali, oppure la suddivisione dei gruppi classe in due blocchi per avere maggior distanziamento sociale e maggiore possibilità di pulizia dei locali. All’inizio comunque, ingenuamente, pensavo che la chiusura sarebbe stata decisamente più breve.

scuole chiuse per emergenza Coronavirus Covid-19

I sistemi messi in atto per poter restare in contatto con i bambini e le famiglie durante il periodo di quarantena e chiusura delle scuole

Fortunatamente abbiamo dalla prima (io insegno in una quinta) un’ottima rappresentante di classe, capace e disponibile sia nei confronti delle insegnanti che delle famiglie; il gruppo di genitori inoltre è piuttosto coeso e collaborativo. Questo ha permesso di sentire velocemente, in modo informale, tutti i genitori e di partire con qualche attività a distanza fin dal primo giorno dopo le vacanze di carnevale.

Gli strumenti che abbiamo utilizzato da subito sono stati tutti quelli possibili: la bacheca del registro elettronico, le mail, le chat di Whatsapp, e finché è stato possibile spostarsi senza limitazioni gravissime anche le fotocopie nella cassetta della posta delle famiglie più in difficoltà con gli strumenti tecnologici.

Tuttavia inizialmente l’aspetto che abbiamo curato maggiormente, rispetto alla qualità dei compiti, è stato la relazione: i bambini erano abituati a 8 ore di scuola al giorno, diverse ore di attività sportive o integrative alla settimana (sport, inglese, musica…) e una fitta rete di relazioni sociali tra di loro.

L’aspetto della “reclusione” e dell’isolamento è stato molto faticoso, quindi abbiamo cercato di coinvolgerli in cose pratiche – adesso a scuola va di moda la dicitura “compiti di realtà” – che poi venivano condivise nella chat dei genitori.

Esempi di attività pratiche

  • abbiamo postato lo striscione che è davanti alla nostra scuola e loro hanno iniziato a fare striscioni e a fotografarli
  • la collega di matematica ha postato una ricetta per una torta con le grammature che erano risultati di espressioni e loro hanno preparato la torta e l’hanno fotografata
  • ho scritto una lettera personalizzata ad ognuno di loro e mi hanno risposto

Tengo a precisare che tutto questo è avvenuto anche grazie alla mediazione della rappresentante di classe, perché nessuna di noi maestre è nella chat.

Le iniziali perplessità dei genitori

Abbiamo invece condiviso subito i nostri indirizzi mail, in modo da risolvere eventuali dubbi, ma devo dire che non sono stati molto utilizzati dai genitori. Pur con qualche perplessità, legata soprattutto alla sicurezza degli strumenti, abbiamo anche chiesto, fin dall’inizio, se i genitori fossero interessati alle lezioni in videochiamata, ma si sono dimostrati per gran parte contrari.

I motivi erano diversi, ma tutti assolutamente legittimi e reali ed andavano dalla mancanza di device da poter utilizzare, alla poca affidabilità della connessione internet (alcuni solo con cellulare), alla mancanza di tempo per seguire le videochiamate, al numero di figli presenti in casa. Non ultimo e secondo me importantissimo problema: la nostra scuola è collocata molto vicina a ospedale e cliniche e una percentuale piuttosto alta dei nostri genitori è composta da personale sanitario o che comunque lavora in quel comparto: è chiaro che non potevamo pretendere, nel pieno dell’emergenza, videochiamate con queste famiglie.

Pian piano, col passare delle settimane, abbiamo iniziato ad inserire anche compiti un po’ più classici ed impegnativi, senza abbandonare i compiti di realtà che i bambini gradiscono molto. Abbiamo quindi lavorato molto registrando video, in cui spiegavamo le lezioni e gli esercizi da fare, integrati con pagine del libro e qualche esercizio.

Le difficoltà sono state diverse

I libri erano rimasti a scuola e pur essendo disponibili anche in formato digitale quasi nessuno li aveva scaricati, non tutti disponevano della stampante, quindi non era possibile mandare attività da stampare, i genitori all’inizio credevano che i video non fossero essenziali e chiedevano solo esercizi, ma ritenevano che copiare gli esercizi da smartphone fosse troppo faticoso, insomma c’è stato da spiegare più agli adulti che ai bambini come stavamo lavorando.

Con il tempo la situazione si è modificata

Le famiglie meno attrezzate hanno magari ampliato la connessione internet o hanno acquistato un tablet, la scuola ha messo a disposizione in comodato d’uso un certo numero di device (per i bambini della primaria molto pochi, ma meglio di niente), e pur con tutte le problematiche le famiglie hanno ricreato una parvenza di routine.

La Classe virtuale e lo Sportello help

Stiamo quindi utilizzando anche una classe virtuale nella quale i bambini possono essere abbastanza autonomi nella restituzione dei compiti, ed abbiamo programmato anche qualche videochiamata. Dapprima solo di saluto (le abbiamo chiamate agorà) e poi siamo partite con lo sportello help, cioè diversi momenti fissi nella settimana in cui noi maestre siamo in videochat per rispondere alle domande o rispiegare a chi ne avesse bisogno, mentre continuiamo a mandare le lezioni soprattutto in modalità che non richieda l’accesso contemporaneo.

Abbiamo dovuto rivedere e modificare tutte le programmazioni per adeguarle alla didattica a distanza. Per riuscire ad utilizzare i programmi specifici è stato necessario creare le credenziali di accesso per tutti gli alunni, sono stati organizzati momenti di formazione online per gli insegnanti, creati tutorial per gli alunni ed i genitori: una mole di lavoro concentrata in pochissimo tempo, ma ne è valsa la pena.

La tecnologia nel rapporto insegnanti-studenti-famiglie durante l’emergenza

Io amo molto la tecnologia, ritengo anche di utilizzarla e conoscerla con una buona padronanza, ma forse proprio per questo sono ben consapevole anche dei suoi limiti. Gli strumenti sono appunto strumenti, quindi risentono in maniera imprescindibile dell’aspetto umano di chi li utilizza.

Qualche criticità a livello generale

In questo periodo – soprattutto all’inizio – si è visto di tutto e di più, anche da parte delle scuole: videochiamate con sistemi non protetti, in cui poteva entrare chiunque, richieste degli insegnanti di rimandare gli elaborati in un solo formato e solo in quello (in modo da facilitare la correzione agli insegnanti, ma facendo spendere soldi inutilmente ai genitori che non conoscevano le possibilità del software libero), insomma cose poco ortodosse. L’assurdo è stato che i genitori hanno gradito queste cose e le scuole che si sono mosse magari con più cautela o con tempi più lunghi per cercare di garantire la sicurezza sono sembrate quelle più in ritardo.

I lati positivi e gli strumenti utili

La tecnologia usata bene, invece, ha bisogno di una riflessione seria su cosa è necessario e opportuno in quella situazione e cosa non lo è, ma soprattutto, dato che è strumento e non scopo, non deve prendere il sopravvento sull’obiettivo, che in questo caso era raggiungere il maggior numero possibile di alunni creando il minor numero di dispersi.

Diciamo che, a distanza di due mesi, si è dimostrato utile il registro elettronico per raggiungere la maggior quantità di alunni e mandare compiti e lezioni con molti media diversi e si stanno dimostrando utili e molto gradite ai bambini le videochiamate, non tanto per l’aspetto didattico ma perché hanno consentito loro di sentirsi di nuovo parte di un gruppo.

I sistemi di comunicazione vincenti sono quelli che privilegiano la relazione umana

Tuttavia la tecnologia che si è rivelata più importante in assoluto è stata quella che prevede la relazione personale: gli insegnanti di sostegno e  gli educatori hanno utilizzato e stanno utilizzando tantissimo i sistemi di comunicazione uno a uno (WhatsApp, Skype e simili), gli alunni che sanno usare la mail utilizzano quella – a differenza dei genitori – per mandare richieste direttamente agli insegnanti (i miei alunni hanno appena imparato ad usarla e ho già la casella piena dei loro messaggi personali, che non riguardano i compiti ma la relazione personale: mi mandano disegni, piccoli racconti, barzellette, cose così).

Credo che siano questi strumenti quelli che permettono di salvaguardare maggiormente gli alunni più fragili, e in parte anche tutti gli altri: quelli che sanno creare relazione.

La scuola come punto di riferimento: considerazioni sulla didattica a distanza

La scuola a cui siamo abituati noi è anzitutto un fatto sociale, necessita quindi di solidi rapporti tra insegnanti, tra insegnanti ed alunni e tra gli alunni stessi. Si tratta del primo spazio in cui i bambini si misurano con relazioni strutturate, esterne all’ambiente familiare e in cui si allenano allo stare insieme e a diventare membri di una società. È un luogo di apprendimento, ma anche di educazione e socializzazione, quindi togliere l’aspetto fisico dello stare insieme sarebbe una grave perdita.

Esistono nel mondo luoghi in cui la didattica a distanza ha una grande e positiva tradizione (penso ad esempio alle fattorie remote in Australia, a centinaia di chilometri tra loro, che già negli anni 50 venivano raggiunte dalla scuola attraverso la radio), quindi non è impossibile lavorare bene anche in questa modalità.

Ripensare il modello scolastico a fronte dell’emergenza sanitaria Coronavirus

Credo tuttavia che la via corretta non passi attraverso la ripetizione esatta della scansione delle ore di lezione che erano attivate in presenza, bensì attraverso un ripensamento di orari, modalità, materiali, strumenti didattici.

In linea teorica sarebbe quindi possibile, ma si devono tenere ben presenti alcuni fattori:

  • l’Italia non è coperta in maniera omogenea da connessioni internet veloci
  • le famiglie non sempre hanno gli strumenti tecnologici adeguati o non li hanno in numero sufficiente per tutti i figli
  • spesso non hanno nemmeno le competenze per poter garantire ai bambini un accesso alla rete sicuro e controllato

Sarebbe quindi necessario investire molto da questo punto di vista. Infine, so che è un discorso che molti insegnanti non vogliono sentire perché ritengono che svilisca il ruolo dell’istruzione, ma mi pare importante rilevare che la scuola è anche un luogo in cui i bambini vengono lasciati al sicuro. Se i genitori lavorano fuori casa dove possono lasciare i figli?

Attenzione all’aspetto psicologico

Credo che la cosa essenziale in questo periodo sia curare l’aspetto psicologico della vita dei bambini. Se è difficile per un adulto, che comprende le ragioni di questa situazione, adattarvisi ed accettarla, lo è ancora di più per i bambini, che magari non comprendono bene di cosa si tratta. Il rischio è che sviluppino attacchi d’ansia, paure immotivate, sensi di colpa.

Qualche consiglio per i genitori di bimbi in età da scuola elementare, per affrontare insieme a loro un periodo così lungo di chiusura della scuola

Occorre parlare il più possibile con loro, ascoltarli e rispondere in modo sincero a tutte le loro domande, senza spaventarli, usando un linguaggio adatto alla loro età. Con i bambini di prima e seconda elementare potremo utilizzare magari anche fiabe e filastrocche, ai più grandi potremo spiegare anche semplici concetti scientifici.

Tuttavia è importante anche parlare d’altro, ed è qui che la scuola può essere d’aiuto: guardare insieme cosa c’è sul registro, leggere insieme un bel libro, cercare informazioni aggiuntive sulla lezione di storia o di scienze, una volta tanto non perché è da fare ma perché serve a stare vicini, perché è bello anche per gli adulti imparare qualcosa di nuovo. Insomma, stare accanto a loro.

L’importanza per i bambini di imparare a fermarsi ed annoiarsi

C’è infine un lato positivo molto sottovalutato di questo periodo: la possibilità per i bambini, di annoiarsi. I nostri bambini non si annoiano mai, sono pieni di impegni, di compiti, di attività. Lasciare loro del tempo vuoto, da riempire con ciò che vogliono, o anche da trascorrere fissando il soffitto, è un grande regalo, perché permette di scegliere, pensare, riflettere su loro stessi, insomma, di crescere.

 
Ringrazio Elisabetta Nicoli per il prezioso contributo a questo articolo.

 

“Mamma…e adesso?”. Scrivimi per raccontare la tua esperienza. 

Un punto di riferimento per ogni mamma: La Tela di Mamata

Un punto di riferimento per ogni mamma: La Tela di Mamata

Voglio dedicare uno spazio alla Tela di Mamata, che consiglio ad ogni mamma e futura mamma che come me si sia trovata immersa in un mare (molto profondo e a volte dimenticando come si nuota) di dubbi, domande, legittime preoccupazioni una volta scoperto di essere incinta.

Puoi essere l’individuo più razionale della galassia, ma un piccolo esserino che cresce dentro di te impiega davvero poco pochissimo a mettere in forse ogni certezza.

La bacchetta magica per sentirsi tranquille e spazzare via ogni ansia non esiste. La Tela di Mamata però è quanto più ci si avvicina.

Un luogo in cui una donna può sentirsi a casa ed essere seguita fin da quando il test di gravidanza risulta positivo.

Un luogo che mette al centro la persona ed offre servizi, anche a domicilio, a mamme e papà in ogni fase della creazione di una nuova famiglia: gravidanza, parto e post parto.

Le parole d’ordine: accoglienza, ascolto, supporto, professionalità.

Sara Simoni ed Elisa Goffredi sono due ostetriche. Nel 2017 hanno aperto La Tela di Mamata.

Sara Simoni

Elisa Goffredi

La Tela di Mamata quali servizi offre?

La nostra è una associazione che ha un centro con sede a Rivalta sul Mincio.

Proponiamo corsi di vario genere. Da quelli più tradizionali di accompagnamento alla nascita a corsi su tematiche più specifiche come la gestione del dolore durante il travaglio, il portare in fascia, l’allattamento, lo svezzamento, laboratori teorici e pratici sulla gestione del dolore individuando risorse individuali di donne e coppie.

Oltre agli incontri c’è una parte di consulenze individuali, su qualsiasi esigenza possa avere la mamma che si trova a cercare la gravidanza, ad essere in gravidanza, e nei primi mesi di vita del bimbo.

Il centro ospita anche altri professionisti?

Certo. Ne abbiamo alcuni che lavorano da noi in modo stabile, mentre altri che ruotano e vengono a fare degli incontri formativi. Tra i professionisti ci sono la consulente delle fasce, l’osteopata, la psicologa perinatale, la psicoterapeuta, la nutrizionista. Diamo anche la possibilità di organizzare incontri formativi accreditati per le colleghe ostetriche.

Una donna con un test di gravidanza positivo si trova così ad avere un unico centro di riferimento, in un’ottica di continuità. Era esattamente questo che desideravamo offrire.

Con quale obiettivo era nata questa realtà?

L’obiettivo era appunto raccogliere in un’unica casa diverse attività.

Volevamo fosse un luogo accogliente e caldo, nulla a che vedere con la freddezza di un ambulatorio. Volevamo poter accogliere le famiglie in un momento particolare della loro vita: quello della genitorialità. Ci occupiamo di diffondere una cultura legata al mondo della nascita e quindi anche tutti i nostri servizi ruotano intorno a questo tema.

Una cultura che dia valore alle persone. Una donna, quando si trova in gravidanza, la prima cosa che fa è telefonare al ginecologo o in consultorio, ed inizia una serie di visite della gravidanza. Ecco, noi volevamo fare qualcosa in più, senza ovviamente nulla togliere alla parte clinica che è fondamentale. Volevamo dare servizi di supporto alle mamme, ad ampio raggio.

In questo periodo di restrizioni a causa dell’emergenza sanitaria, come si è organizzato il vostro Centro per essere di aiuto alle mamme?

Nel rispetto del Decreto Ministeriale abbiamo rimodulato i servizi, servendoci della tecnologia per poter proseguire nell’aiuto alle mamme. Ci serviamo del telefono con skype e videochiamate, facendo visite dal vivo solo se strettamente necessarie per situazioni particolari.

Tutto ciò che possiamo fare lo facciamo tramite telefono, per non far mancare il supporto alle mamme anche in questa fase.

In cosa si differenzia il vostro Centro?

La Tela di Mamata è un luogo in cui si può avere assistenza ed ascolto in tutto il periodo perinatale. Prima della gravidanza, durante e dopo il parto.

Cerchiamo di lavorare sulla totalità di questi aspetti, perché non ci sono altri servizi in grado di dare questo tipo di supporto a trecentosessanta gradi. A Mantova non c’era qualcosa di simile.

Forse le cose che ci caratterizzano principalmente sono la continuità assistenziale, la personalizzazione dei servizi ed il tempo. Non c’è la necessità di dover fare tutto velocemente e cerchiamo di rispettare il più possibile i tempi della mamma e del bambino in ogni consulenza.

Come funziona il nuovo servizio dell’ostetrica a domicilio, in collaborazione con il Comune di Mantova?

Il servizio era nato da un progetto che avevamo scritto e che avevamo presentato al Comune di Mantova. Ne siamo molto orgogliose. Il progetto originale prevedeva una visita domiciliare da parte nostra per tutti i nuovi nati residenti nel Comune di Mantova.

I genitori potevano chiamarci direttamente e garantivamo l’appuntamento nel giro di 24/48 ore. La visita a casa delle famiglie era l’occasione per parlare di tutte le piccole o grandi difficoltà che ci potevano essere nel dopo parto.

Come è stato temporaneamente modificato questo servizio, durante l’emergenza Covid-19?

Abbiamo modificato il progetto sospendendo le visite a domicilio e sostituendole con una videochiamata o consulenza telefonica.

Invece di un unico contatto, per ciascun residente sono previste due videochiamate, perché siamo consapevoli che il telefono non è la stessa cosa.

Quali consigli date alle mamme che si trovano ad affrontare una gravidanza o il parto in questo periodo di difficoltà, senza poter avere amici e famigliari accanto?

Questo periodo rappresenta effettivamente una grande difficoltà. Noi siamo disponibili a supportare ogni mamma come possiamo.

Tra i consigli che diamo c’è prima di tutto il non aver paura di chiedere aiuto.

È importante anche cercare di mantenere i contatti, sempre sfruttando la tecnologia, con amici e famigliari che possano essere di supporto. Quindi da un lato avvalersi di un supporto professionale e dall’altro dell’affetto, se pur a distanza, di amici e parenti. Dal punto di vista della salute invece, è bene osservare le indicazioni date a livello generale.

Rispetto a prima dell’emergenza sanitaria, c’è qualche richiesta particolare da parte delle mamme?

Un tema che è emerso ultimamente è la paura del parto. Tante mamme chiedono di partorire a casa perché hanno paura ad andare in ospedale.

Partorire a casa è possibile ed è un servizio che noi diamo, ma non si può organizzare all’ultimo momento. In ospedale sono state adottate una serie di scrupolose attenzioni per proteggere la salute di mamme, famiglie, operatori. Ci sono percorsi separati per mamme Covid. C’è una grande attenzione e tutte le misure messe in pratica sono necessarie per la tutela della salute della mamma e del bambino.

Quali rischi si corrono a cercare informazioni sulla gravidanza su internet, invece di chiedere un consulto a professioniste come voi?

Non è una banalità: bisogna fare attenzione a cercare informazioni sul web.

Internet può essere una risorsa grandiosa, perché ci sono tantissimi siti affidabili, ma allo stesso tempo altrettanti con informazioni parziali o sbagliate. Non ci sono filtri, non ci sono controlli e un consulto su internet non può sostituire il parlare con un professionista.

Può essere molto pericoloso inciampare in una informazione sbagliata. Ricordiamo che non esiste una domanda stupida, qualsiasi preoccupazione merita di essere risolta, e per ogni dubbio siamo a disposizione.

C’è qualche nuova iniziativa che state organizzando per il futuro?

In particolare c’è un progetto che da diverso tempo proviamo a far partire ma senza ancora esserci riuscite al meglio: il cerchio delle mamme. Si tratta di un gruppo di sostegno fatto da mamme, rivolto ad altre mamme in gravidanza o che hanno appena partorito.

Un’attività non strutturata, ma con la presenza delle ostetriche per approfondire alcuni aspetti. Abbiamo uno spazio apposta: un ambiente informale dove poter chiacchierare, stare insieme con i propri bimbi, con a disposizione fasciatoio, cuscini, scaldabiberon, tisane calde.

Ci piacerebbe molto creare questo gruppo di sostegno dove il motore siano le mamme stesse, e speriamo di riuscirci.

Il post parto è un momento delicato, dove spesso si trova il deserto in quanto a servizi di sostegno sul territorio.

I contatti:

La Tela di Mamata
Piazza Arrivabene 5 – Rivalta sul Mincio – Frazione di Rodigo (MN)
Facebook La Tela di Mamata
www.lateladimamata.com
lateladimamata@gmail.com
Sara Simoni 3492636843
Elisa Goffredi 3923588463

“Mamma…e adesso?”. Scrivimi per raccontare la tua esperienza. 

Elena Caracciolo giornalista ufficio stampa consulente comunicazione gestione social e siti Mantova Elena Caracciolo – Sono giornalista pubblicista, freelance, mi occupo di comunicazione ed uffici stampa per privati, enti pubblici, aziende e associazioni di volontariato, dalla consulenza alla strategia, gestisco siti web e social e sono ideatrice di progetti rivolti a donne e mamme. 

Clicca QUI per sapere cosa posso fare per te!

 

Coronavirus e bufale

Coronavirus e bufale

  • Quali persone sono più portate a credere ad una fake news? Quali sono i risvolti psicologici?
  • Come riconoscere una bufala da una notizia vera? Come evitare di diffonderla?

Le risposte non sono affatto banali. Le domande sono quelle a cui ho cercato di rispondere insieme alla psicologa psicoterapeuta Rachele Sassi, che ha avuto l’idea di scrivere questo articolo a quattro mani.

Rachele Sassi psicologa psicoterapeuta

Rachele Sassi

Il tema è attualissimo ed è quello delle bufale.

Ti è mai successo di credere ad una notizia falsa?

La dottoressa Sassi ha trattato il lato dei risvolti psicologici causati dal fenomeno delle fake news, mentre io mi sono occupata del decalogo – lo trovi in fondo all’articolo – per riconoscere una notizia falsa ed evitarne la diffusione.

Nella situazione di emergenza che stiamo vivendo a causa del Coronavirus, una delle cose da NON fare per evitare l’alimentarsi di stati d’animo come ansia e panico, è farsi ingannare dalle notizie false – le bufale – e diffonderle.

Informarsi in modo corretto è fondamentale.

Ognuno può contribuire a limitare la divulgazione di fake news, che in momenti di difficoltà generale non fanno altro che aumentare il malessere e creano confusione.

Ci troviamo in una condizione di Infodemia: cos’è?

In questo periodo di emergenza Covid-19 sempre più persone si mettono alla ricerca di informazioni e aggiornamenti rispetto all’emergenza che stiamo vivendo, consultando con maggiore frequenza i social. Sarà capitato anche a te.

Testate giornalistiche, siti istituzionali e pagine personali scorrono una di seguito all’altra sulla bacheca, senza che sia possibile, in un primo momento, distinguerle.

Siamo in una condizione di Infodemia. Ovvero – come da definizione Treccani – di circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi per le difficoltà di trovare fonti attendibili.

La nostra mente è continuamente stimolata da una gran mole di parole e immagini. In una successione così rapida, che è difficile rimanere indifferenti.

Il processo emotivo

Ciò che scorre sotto i nostri occhi viene registrato con grande rapidità. Ancor prima di riuscire a chiederci se ciò che leggiamo sia vero oppure no, il nostro cervello ha già processato emotivamente quanto letto, scatenando una reazione diversa per ciascuno di noi. Stupore, paura, angoscia, allarme.

In genere la maggior parte delle persone è in grado di andare oltre all’impatto emotivo di quanto legge, ed attivare una via cognitiva di processamento dell’informazione.

Ciò consente di approcciarsi alla notizia in maniera critica, trovando spiegazioni in grado di rassicurare se stessi. – (Non è una fonte attendibile, è solo un’opinione, è palesemente falso, ecc) –

Consente anche di mettere in atto azioni in grado di contrastare la prima ondata emotiva. – (Vado a cercare in rete conferme o smentite di quanto letto).

Ecco chi rischia di essere più attratto da una bufala

Se siamo fortemente stressati o spaventati, difficilmente avremo le energie per dubitare, verificare, fare riflessioni. Pertanto non andremo oltre al primo impatto emotivo. La convinzione di aver trovato la verità ci porterà a condividere l’informazione in maniera compulsiva.

La condivisione con gli altri è un atto che ci consente di scaricare le emozioni spiacevoli scatenate da quella lettura. Una sorta di rito per alleggerire la nostra mente e abbassare il livello di stress.

Quali conseguenze comportano a livello psicologico le fake news

Le fake news sono come un virus che si diffonde attraverso le paure delle persone. Amplificano il bisogno di trovare risposte in grado di diminuire l’ansia. Si nutrono dell’incertezza e del bisogno di riferimenti certi, e mai come ora trova terreno fertile nelle nostre vulnerabilità.

Ci sono alcuni aspetti psicologici a medio e lungo termine.

La ruminazione mentale (rimuginio), i pensieri ossessivi, l’insonnia, il panico, la rabbia.

Diffondere le bufale amplifica la portata di questi sintomi nella comunità, alimentando il diffondersi di altre notizie simili e facendo da cassa di risonanza a sintomi psicopatologici. Vengono colpite soprattutto le persone più fragili e spaventate.

Il decalogo per riconoscere una bufala ed evitarne la diffusione

  • 1 VERIFICA LA FONTE

Approfondisci la provenienza della notizia che stai leggendo, chiediti ad esempio se il sito web (oppure la pagina Facebook o di altro social..) è attendibile, controlla con attenzione il link.

  • 2 CERCA FONTI ATTENDIBILI

Informati tramite siti web e canali di Organi ufficiali ed Istituzioni, ad esempio il sito web del Governo.

  • 3 VERIFICA QUANDO È STATA SCRITTA LA NOTIZIA

Controlla che la data di pubblicazione della notizia che stai leggendo sia recente.

  • 4 NON FERMARTI AL TITOLO

Prenditi un momento e leggi il testo fino in fondo, senza farti ingannare dal titolo sensazionalistico acchiappa-click.

  • 5 CERCA INFORMAZIONI SU CHI SCRIVE

L’autore della notizia potrebbe non essere esperto del tema e nemmeno un giornalista.

  • 6 FAI UNA SECONDA RICERCA

Tieni a mente che le bufale sono costruite apposta per attrarre chi legge, quindi vai su Google e cerca se la notizia che stai leggendo è una bufala/fake news, in modo da avere una ulteriore conferma.

  • 7 FATTI VENIRE DEI DUBBI

Poniti delle domande in merito a quello che stai leggendo, chiediti come mai ti ha attirato più di altri, se può essere vero o se in quel momento ti fa comodo crederci, ad esempio perché cercavi una risposta che non trovavi da altre parti.

  • 8 NON DIFFONDERE NOTIZIE DI CUI NON HAI CERTEZZA

Evita di condividere e divulgare link, articoli, foto, video, messaggi, messaggi vocali, se non hai la certezza che si tratti di notizie vere, provenienti da fonti attendibili e verificate.

  • 9 SEGNALA LE BUFALE

Quando trovi una fake news/notizia falsa, segnalala con i sistemi che mettono a disposizione i social, oppure nel caso di whatsapp rispondendo a chi te l’ha inviata chiedendo di interromperne la diffusione.

  • 10 RICORDA CHE IL TUO RUOLO È IMPORTANTE

Anche il tuo contributo è fondamentale per evitare la circolazione di bufale, quindi tieni a mente di avere una responsabilità e considera con attenzione tutti i punti sopra prima di agire.

-> CONSULTA QUI LA PAGINA WEB UFFICIALE DEL MINISTERO DELLA SALUTE CON LE PRINCIPALI BUFALE IN CIRCOLAZIONE SUL CORONAVIRUS 

-> CONSULTA QUI LA PAGINA WEB UFFICIALE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’ CON I NUMERI DELL’EMERGENZA CORONAVIRUS AGGIORNATI

 

Colgo l’occasione per ringraziare chi aveva partecipato alla raccolta fondi per l’ospedale Carlo Poma di Mantova. Ne avevo parlato QUI.

Ringrazio Rachele Sassi per l’idea e per il prezioso contributo a questo articolo.

Giochi e attività facili da fare a casa con i bimbi

Giochi e attività facili da fare a casa con i bimbi

Se sei mamma sai che restare a casa con bimbi piccoli non è facile e forse questo articolo può esserti di aiuto o puoi prenderne spunto.

A causa dell’emergenza sanitaria Coronavirus, le scuole sono chiuse, gli spazi di aggregazione anche. Non si può andare al parco con gli altri bambini e nemmeno farsi venire a trovare da amichetti, cuginetti, vicini di casa.

Non è facile intrattenerli senza cedere a consegnare nelle loro mani tablet, smartphone o telecomando della televisione.

Qualche giorno fa avevo chiesto consigli su idee di giochi e forme di intrattenimento per bambini, da poter fare in casa. Dopo aver raccolto vari suggerimenti (anche di siti web su cui curiosare), ho provato a raggrupparli e scegliere i più semplici.

Spero possano essere utili anche a te!

Attività per bimbi dai 12 ai 24 mesi

alcune di queste attività le ho riportate dal sito web nostrofiglio.it e le trovi anche cliccando qui

C’è e poi non c’è

Ecco un classico gioco, adatto ai piccoli intorno ai 12 mesi (e anche prima, già a 8-9 mesi in versione più semplice) con un grande valore educativo. Selezionate un buon numero di oggetti noti al piccolo (cucchiaino, biberon, palla, librino, pupazzo) e metteteli in un cestino. Poi, uno alla volta, mostrate un oggetto al bimbo – invitatelo a dire di cosa si tratta – e nascondetelo in una scatola (o sotto una copertina). La palla c’è e poi… non c’è, l’oggetto scompare e poi riappare: che divertente!

L’idea di base è la stessa dell’antico “Bu-bu… settete!” (si nasconde il volto con le mani e poi si scopre ridendo) che si propone ai bimbi già verso i 5-6 mesi e ha una funzione rassicurante: se la mamma non si vede, non è andata via. Questo tipo di attività aiuta, dunque, a scoprire – e poi consolidare – un concetto fondamentale: la permanenza degli oggetti (e anche della mamma).

Incastri retrò

Tra i giocattoli con una buona valenza educativa (e psicomotoria) si aggiudica l’approvazione degli esperti un vecchio classico: il cubo con gli incastri. Oggi ne esistono diverse versioni, sceglietene una di legno (no alla plastica che non stimola tutti i sensi) – oltre al cubo, ci sono anche altre forme o animali – con tanti buchi di forma diversa e i relativi pezzi da inserire correttamente.

Con questo gioco, semplice e utilissimo, il bambino mette alla prova tante abilità: infilare il pezzo nel relativo buco sviluppa il riconoscimento dello spazio e mostra il principio di causa-effetto (la forma entra nel buco giusto). Chi ama il fai-da-te può creare diverse tipologie di incastri con oggetti di uso quotidiano usando, per esempio, vasetti di yougurt e cartoncino robusto per ottenere delle sagome.

Dov’è il nonno?

Con le foto di famiglia – possibilmente plastificate, così sono più resistenti – potete proporre una simpatica, e semplificata versione, del classico memory. In base all’età del bimbo, aumentate il numero di immagini (iniziate con 5-6), mostratele una volta, poi capovolgetele e chiedete: “Dove è la nonna?”, “E lo zio?”, “E tu dove sei?” e il bimbo dovrà ritrovarle. Naturalmente, vanno bene anche altre immagini, per esempio, oggetti noti al bimbo che potete ritagliare, incollare su cartoncini e plastificare.

Una alternativa, più difficile, è quella di preparare immagini dedicate alle coppie di animali, mamma e cucciolo, su carte diverse, (tipo mucca e vitellino, gallina e pulcino, gatta e gattino). In questo caso, fatele osservare al bimbo, giratele dopo qualche minuto e chiedete di ricomporre la coppia. Anche nella sua interpretazione casalinga è un valido gioco per sviluppare la memoria visiva.

Centra la gamba

Per un bimbo capire che il suo corpo ha due lati simmetrici, destro e sinistro (chiamata dagli esperti lateralità) è una conquista lunga e complessa: inizia intorno ai primi mesi di vita e si conclude intorno ai 6-8 anni. Ogni bimbo scopre col tempo il suo lato dominante, cioè quello con cui è più a suo agio (a seconda che sia destrorso o mancino), e non va mai contrastato. Ma è importante aiutare il bambino a diventare sempre più consapevole delle 2 parti del corpo.

Un gioco divertente per farlo è usare un cerchio-anello di circa 15 cm – che potete ottenere ritagliando il cartone di una torta – e una sedia capovolta. Chiedete al bimbo di lanciare l’anello, una volta con la destra e una con la sinistra, intorno a una gamba della sedia. Per aumentare la difficoltà, potete tracciare una linea per terra e stabilire quanti tiri devono andare a segno in un tempo prefissato.

A me gli occhi

Ecco un gioco piuttosto semplice ma utilissimo per migliorare la capacità di attenzione del bimbo. È infatti una facoltà che si sviluppa con il tempo e l’esercizio ed è essenziale per il futuro apprendimento. Sedetevi di fronte a lui e invitatelo a ripetere tutti i gesti che fate voi. Potete, per esempio, chiudere a aprire le mani, salutare, dare dei colpetti sulle ginocchia, muovere la testa in alto e in basso… Cambiate la sequenza e per rendere il gioco più eccitante (e difficile in termini di concentrazione), aumentate la velocità.

Attività dai 2 ai 5 anni

queste attività sono state proposte qui da Marina Marzulli

Farsi aiutare nei lavori domestici

Questa è la base. Non bisogna inventarsi nulla e i bambini sono entusiasti di partecipare. Potremmo dire che è un’attività montessoriana (e lo è) ma è anche quanto di più semplice e alla portata di tutti. Molte attività di pulizia, inoltre, portano a un allenamento della motricità fine. Ad esempio stendere i panni usando le mollette, spruzzare acqua o detergenti col diffusore, riordinare i calzini spaiati, apparecchiare.

Cucinare insieme

Anche questa è una attività di imitazione molto amata. Si può iniziare prestissimo, anche prima dei due anni. Ognuno modulerà le attività in base all’età e alle competenze del bambino, sempre con l’accortezza di “lasciare andare” (se cade un po’ di farina per terra, pazienza) e di non essere ansiosi.

È un ottimo modo per insegnare al bambino il concetto di pericolo e le conseguenze delle proprie azioni, senza fargli correre rischi eccessivi: se qualcosa è caldo ci scotta, se qualcosa cade si rompe, se qualcosa taglia possiamo farci male. Per questo la Montessori fa usare al bambino piatti di ceramica e bicchieri di vetro. I piccoli sono in grado di fare attenzione, e sarete sorpresi di vedere che non rompono le stoviglie degli adulti.

In questo modo possiamo insegnare ai bambini come spremere un’arancia, schiacciare le patate con la forchetta o persino tagliare. Ovvio, daremo un coltello con punta arrotondata (come le famose forbicine) e poco tagliente, ma sarà lo stesso un coltello “vero”. L’accortezza è dare del materiale morbido e facile da tagliare, come la banana o l’uovo sodo. Se poi parliamo di bambini più grandi, è bello provare a seguire insieme un’intera ricetta (come fare le polpette o impastare gli gnocchi, come racconta Lara).

Infilare

Si può fare con lo spago, certo, ma anche in tanti modi alternativi. Molto carino, per i più piccoli, infilzare degli spaghetti in una pallina di pongo e poi completare il tutto infilando un altro tipo di pasta (ditaloni o ditalini, maccheroni, penne) negli spaghetti.

Per i più grandini (4-5 anni) può essere questo il momento giusto per imparare ad allacciarsi le scarpe! È un’abilità che purtroppo molti bambini che frequentano la scuola primaria ancora non posseggono, come denunciava Rossella Fracchiolla, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva in questo articolo. Ci si può esercitare direttamente con la scarpa, magari senza infilarla, oppure costruire un modellino di cartone dove infilare lo spago.

Pitturare con materiali alternativi

Una volta che si dispone di colori a tempera o a dito, si può fare praticamente ciò che si vuole. Ad esempio dipingere utilizzando vecchi spazzolini da denti oppure spugne. O ancora creare degli stampini usando la verdura tagliata (non c’è bisogno di buttare nulla, si può utilizzare la parte del cespo dell’insalata che di solito si elimina).

Per chi ha più manualità, creare dei pennelli giganti utilizzando come manico il rotolo finito della carta alluminio e applicandovi a una estremità con la colla a caldo gommapiuma o tappi di sughero (in questo caso avremo una sorta di mega stampo). Un’altra idea molto creativa è utilizzare la pellicola di plastica per alimenti come “tela”. Bisogna tenderla fra due sedie e fare diversi passaggi, così il bambino proverà a dipingere su un supporto trasparente.

Lavagna luminosa homemade

Qualcosa di leggermente più impegnativo, ma di sicuro effetto. La pedagogia “Reggio Children” (per citare altre fonti autorevoli oltre alla Montessori) dà particolare valore all’esplorazione della luce da parte dei bambini, e la lavagna luminosa è un ottimo esempio. Un gioco adattissimo ad essere svolto in casa, nella penombra.

In sintesi: si tratta di costruire una scatola, metterci dentro una luce (torcia, lucette di Natale non intermittenti, anche lampada da tavolo, se creiamo un buco dove possa passare il filo della corrente) con un coperchio trasparente coperto di carta da forno, che è ideale per creare una luce più diffusa. Si può utilizzare una grande scatola di plastica, oscurando le pareti laterali, oppure una di legno cui sovrapporre una lastra di plastica (anche qui: su internet trovate tante soluzioni pratiche).

Perché tutta questa fatica? Se mettiamo sullo schermo della nostra lavagna luminosa della farina (meglio ancora quella gialla da polenta) creeremo uno spettacolare monitor per disegnare con le dita. Eventualmente si può provare con altre consistenze (come la schiuma da barba, se il bambino è abbastanza grande da non mangiarla) e magari dei colori.

Attività per bimbi dai 3 anni in su

queste attività sono proposte qui 

Baule dei travestimenti

Se non l’avete ancora, è arrivato il momento di creare un baule dei travestimenti da cui i bambini potranno attingere in ogni momento per mascherarsi, creare storie e personaggi. Non per forza all’interno ci devono essere veri e propri costumi di carnevale, vanno bene anche occhiali da sole, cappelli di vario tipo, camicie, maglioni larghi, magliette colorate di mamma e papà, grembiuli da cucina, ecc.

Origami

I bambini che hanno una buona manualità possono trovare divertente dedicarsi alla creazione di origami fatti di carta. Qui trovate alcuni suggerimenti utili.

Giochi da tavolo

E’ il momento di riscoprire i vecchi giochi da tavolo e magari anche di inventarne di nuovi. Qui trovate i giochi da tavolo più adatti per i più piccoli (2-4 anni), mentre in quest’altro articolo quelli adatti ai più grandicelli.

Leggere ma anche inventare storie

Ogni giorno leggete qualche libro ai vostri bambini o invitate a farlo da soli, se ne sono già capaci. Un’attività piacevole può essere anche quella di inventare storie magari con l’aiuto di un dado in cui, su ogni facciata, vi sia il disegno di un personaggio o di un luogo  (se non si hanno disponibili quelli già pronti si possono facilmente creare a casa). Tirandolo si dovrà inventare una storia partendo dal personaggio o luogo che è uscito come spunto iniziale. A giro con fratelli o genitori si andrà avanti nella storia inserendo sempre nuovi luoghi o personaggi ogni volta che si tira il dado.

Attività montessoriane

Per intrattenere al meglio i bambini più piccoli a casa ci vengono in aiuto anche alcune attività montessoriane come:

Esperimenti

Questo potrebbe essere il momento giusto per fare un simpatico esperimento con i propri bambini per far capire loro l’importanza di lavarsi le mani. Segui quello che ha fatto questo papà scienziato con sua figlia. 

 

“Mamma…e adesso?”. Scrivimi per raccontare la tua esperienza. 

Aiuta anche tu l’ospedale di Mantova con una donazione – Combattiamo insieme l’emergenza sanitaria Coronavirus

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Perché donare

Non credo servano molte spiegazioni. L’emergenza è seria e reale.

Non bisogna pensare di essere immuni o che non possa capitare qualcosa ad un nostro genitore, a nostro figlio, ad un nostro amico. Non solo nell’ambito del Coronavirus, ma per qualunque esigenza che richieda cure mediche.

La sanità è in sofferenza e anche tu, come me e come tutti, puoi essere di aiuto.

I soldi hanno una destinazione certa e sicura, quindi non ci sono scuse.

La raccolta fondi su GoFundMe organizzata da Valentina Tomirotti per l’ospedale Poma

Aiutiamo l’Ospedale di Mantova a combattere l’emergenza sanitaria del Coronavirus con una piccola donazione!

“L’Ospedale di Mantova “C. Poma” in queste settimane è il punto di riferimento per l’epidemia Coronavirus che sta interessando il nostro territorio. I continui casi giornalieri mettono in difficoltà il sistema sanitario ed è arrivato il momento di aiutare concretamente chi sta salvando vite e si sta occupando dei malati.

Come cittadina mantovana, attraverso la mia Associazione, voglio rendermi utile e chiedo il vostro aiuto per partecipare a questa raccolta fondi per supportare il grandissimo lavoro che stanno portando avanti medici, infermieri e personale sanitario per contrastare questa epidemia.

L’Ospedale C. POMA ha bisogno del nostro aiuto, qualsiasi donazione è importante per diminuire l’affanno in cui ci troviamo.
Anche una piccola donazione può fare la differenza: i fondi raccolti saranno direttamente devoluti all’Ospedale (che è a conoscenza di questa iniziativa)”.

Tutti possiamo fare qualcosa:
doniamo anche solo 5€;
– stiamo a casa rispettando il Decreto ministeriale;
– adottiamo comportamenti responsabili e preventivi divulgati dal Ministero della Salute per non creare ulteriore contagio;

Se si vuole, è possibile effettuare anche un bonifico bancario:

IBAN IT06A0538757820000003098257

Causale: “Emergenza Coronavirus POMA”

INSIEME CE LA FAREMO!
#stiamoacasa

Il post sul profilo Facebook per lanciare la raccolta fondi

Quotidianamente vi racconto cos’è questa epidemia #coronavirus vissuta da una delle “zone rosse”.
Non voglio essere più solo una voce che racconta, ma voglio fare qualcosa di concreto per la mia città e ho deciso di fare l’unica cosa che sono in grado di fare nell’immediato: alzare la mano e chiedere aiuto per supportare il nostro ospedale.
Ho attivato una raccolta fondi per sostenere il nostro ospedale “Poma” di #Mantovagf.me/u/xqaxqm
Come cittadina mantovana, voglio rendermi utile e chiedo il vostro aiuto per partecipare a questa raccolta per supportare il grandissimo lavoro che stanno portando avanti medici, infermieri e personale sanitario per contrastare questa epidemia.
Per dire Grazie e per contribuire a supportare l’affanno sanitario di questo momento, c’è bisogno di tutti Noi.

Restiamo a casa e doniamo!
#fermiamoloinsieme
#perdire

L’associazione “Pepitosa in Carrozza” di Valentina Tomirotti

L’Associazione “Pepitosa in carrozza” – come si legge nella presentazione del progetto – nasce nell’agosto del 2019, dall’idea di Valentina Tomirotti, giornalista mantovana e attivista del mondo della disabilità comunicato fuori dagli schemi. Pepitosa in carrozza nasce come conseguenza di un’esigenza di aver fame del mondo, ma di odiare le sorprese delle barriere architettoniche, di avere un unico contenitore di notizie turistiche che riguardano gli
itinerari, le strutture ricettive e di accoglienza, gli eventi, i mezzi di trasporto per raggiungere il luogo.
Pepitosa in carrozza si occupa di garantire un racconto continuo sulla realtà dei fatti per non avere sorprese di accessibilità in giro per il mondo.
Grazie a questa Associazione, la promozione turistica potrà aprirsi a nuovi canali di comunicazione e raggiungere ogni utente.

LA MISSIONE
Ci siamo posti come obiettivo quello di diventare un punto di riferimento del turismo accessibile per chi ha una disabilità motoria e vive in carrozzina.
Mapparemo il territorio sull’accessibilità e creeremo guide turistiche scaricabili sul proprio smartphone.

OBIETTIVI
+ Ogni anno vorremo compiere 3 viaggi da raccontare, da trasformare in guide turistiche;
+ Attraverso l’uso della Pepitosa mobile, programmare uno streaming itinerante che racconti il luogo
attraverso le persone che vogliono salire a bordo per diffonderlo;
+ Creare un incontro pubblico sul tema del turismo accessibile coinvolgendo gli studenti.

FAI UNA DONAZIONE ALL’OSPEDALE CARLO POMA DI MANTOVA